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Dopo quasi 40 ore di navigazione alla massima velocità e con condizioni meteo avverse, vento molto forte e onde alte tre metri, siamo arrivati a Bari. La traversata è stata estenuante”. Così l’equipaggio della nave Humanity1 in un tweet poco dopo l’approdo nel porto di Bari.

La nave della Ong è arrivata nel porto di Bari che le è stato assegnato dal governo per far sbarcare i 261 migranti che ha soccorso nei giorni scorsi in mare. I migranti provengono da 22 nazioni, in prevalenza Camerun, Costa d’Avorio, Egitto e Siria. A bordo anche 23 bambini e tre neonati.

I segni di tortura

A bordo ci sono persone con evidenti segni di tortura. Una delle tre donne incinte sarebbe stata violentata per sette volte. Un’altra donna ha subito la amputazione di un pezzo di orecchio, mentre un’altra ha segni di violenze sul seno. È quanto si apprende sul posto da fonti della Asl Bari che  hanno parlato con l’equipaggio.

Non ci sono malati o feriti gravi ma molti hanno comunque bisogno di cure mediche. In totale ci sono 40 donne, 93 minorenni, 67 dei quali non accompagnati; 23 bambini sotto i 14 anni, tre neonati. Molti dei migranti a bordo provengono da Camerun, Egitto, Siria, Costa d’Avorio.

Il braccio di ferro

Dopo un lungo rimpallo, era arrivato ieri il via libera del Viminale all’approdo, nonostante la linea della fermezza decisa dal governo. “L’approssimarsi del maltempo e le condizioni del mare avrebbero a breve esposto le persone a bordo a rischi – ricorstruisce Repubblica – e le ong ne avrebbero tratto un pretesto per dichiarare lo stato di emergenza a bordo e avrebbero così fatto ingresso nei porti della Sicilia, i cui centri di accoglienza sono già congestionati di presenze, rimanendo peraltro in prossimità dei loro scenari operativi”.

La Ong: “Assegnare un porto è un dovere, non un favore”

“Vogliamo ricordare alle autorità che assegnare dei porti sicuri per salvarsi non è un’azione gentile nei  nostri confronti, ma un dovere delle autorità e un diritto delle persone perché secondo la legge le operazioni di salvataggio terminano solo quando tutti i passeggeri possono essere sbarcati in un porto sicuro”. Lo  ha  detto Lukas, il portavoce dell’equipaggio della nave Humanity1.

“Siamo molto sorpresi – ha aggiunto – che le autorità abbiano comunicato la concessione di sbarcare in Italia solo per il maltempo. La decisione di farci attraccare a Bari non è stata la migliore e ha messo a rischio la vita di molte persone. Critichiamo fortemente questa decisione perché abbiamo provato a trovare una soluzione migliore e ad attraccare in porti più vicini per ragioni di sicurezza ma le autorità non hanno riconsiderato la decisione ed è per questo che siamo arrivati a Bari, perché il nostro obiettivo era di sbarcare tutte le persone in un porto sicuro”.


“Questo – ha evidenziato – sta succedendo adesso e stiamo sbarcando prima i minori, poi le donne con ragazzi e famiglie e poi i restanti passeggeri. Soprattutto siamo contenti che ora siamo in un posto sicuro e ci auguriamo il meglio per il futuro.

Prima di essere salvati sono stati in mare per circa un giorno lungo le coste della Libia”.


“In generale – ha precisato – siamo contenti dell’atteggiamento positivo mostrato dalle persone a  bordo nonostante le difficili e traumatiche esperienze che hanno vissuto negli ultimi giorni, settimane e mesi. Soprattutto ieri sono stati sotto stress a causa di condizioni atmosferiche avverse con vento di 25 nodi e pioggia, e questo è stato un problema perché le persone dormivano su quella plancia e immaginate  onde di 2-3 metri che si infrangevano su di loro e uno spazio molto limitato per evitare che si bagnassero. Una situazione molto difficile ma non c’era altra soluzione per affrontare la tempesta”. “Siamo felici – ha concluso – che adesso tutti possano scendere dalla nave salvi e che la tempesta sia durata poco e questo limbo non sia  durato molto tempo”.

L’accoglienza

La macchina dell’accoglienza, coordinata dalla Prefettura di Bari, sta gestendo le operazioni di sbarco, assistenza sanitaria e identificazione. Questura, guardia di finanza, carabinieri e polizia locale, con 118, Asl, Usmaf, Croce rossa e Caritas stanno predisponendo le attività.

I primi a sbarcare sono i migranti che necessitano di cure. Poi tocca ai minori non accompagnati  e  ai nuclei famigliari con bambini. Tutti. sottoposti a tampone e poi agli altri accertamenti sanitari. All’interno del terminal crociere si svolge il fotosegnalamento per l’identificazione. Quindi a bordo di bus i migranti lasceranno il porto e saranno distribuiti in diversi centri di accoglienza d’Italia. In Puglia resteranno i minori non accompagnati e pochi altri migranti.

Al Policlinico di Bari sale allestite per l'emergenza
Al Policlinico di Bari sale allestite per l’emergenza 

E’ il Policlinico di Bari a farsi carico anche  dei bisogni sanitari dei migranti. “Insomma emergenza nell’emergenza al pronto soccoso da tempo con volumi prestazionali assurdi superati grazie alla elevata professionalità del personale sanitario con in prima linea gli Infermieri . Approfittiamo dell’occasione per raccomandare ai cittadini che di avere rispetto del personale e di comprendere che eventuali  ritardi alla loro presa in carico  e causa di fattori contingenti non addebitabili alla volontà dei sanitari”, sottolinea Saverio Andreula (Opi Bari).

Le braccia tese della Chiesa

“La situazione è di grande sofferenza e povertà. Però a questa situazione di dolore si contrappone una accoglienza e una organizzazione tra le varie realtà e istituzioni che è meravigliosa. Dobbiamo essere orgogliosi e fieri perché ancora una volta la città di Bari dà prova di grande capacità di apertura e di grande cordialità ma anche di tanta professionalità perché le varie realtà presenti, protezione civile, croce rossa, Caritas e tutte le istituzioni sono qui a vivere questo momento molto difficile e molto delicato, perché ha a che fare con la vita e con la storia di tante persone che non conosciamo ma che vengono da situazioni di grande fatica e sofferenza”. Lo  ha  detto  il  vescovo  di Bari-Bitonto, monsignor Giuseppe Satriano,  arrivando  al  porto di  Bari.

“Stiamo accogliendo nello stile della nostra comunità cittadina che è sempre stata accogliente. Viviamo come città la cultura dell’accoglienza di una umanità che si apre alle lacrime, alle sofferenze, ai sogni dei giovani di altri popoli. Siamo la carità nel porto, disponibili a dare un sostegno. Siamo qui con le braccia aperte” ha detto don Franco Lanzolla, parroco della Cattedrale e del porto di Bari.


Sui tanti minori non accompagnati  a  bordo, don Franco ha detto:  “i  bambini hanno bisogno di una famiglia e noi vorremmo essere popolo che si fa famiglia per chi non ce l’ha, una comunità che sa accogliere, sostenere e integrare, questa è la nostra cultura dell’accoglienza, che non è dare qualcosa ma è dare rispetto, stima e creare relazione che promuovano l’altro nella sua dignità”.


“Noi –  ha  concluso  –  vogliamo essere un popolo che vive l’attenzione verso il mare. A Bari abbiamo sempre accolto dall’oriente i profughi della guerra ed economici. La nostra città e la Puglia sono sempre stati tesi e protesi verso l’oriente nel dono e nell’accoglienza”.

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