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“Lei è comunista?”. E la Schlein si arrampica sugli specchi – Matteo Milanesi

Fermi tutti. Dopo Aboubakar Soumahoro (o meglio, prima del polverone politico che è scattato nei suoi confronti), abbiamo la nuova star della sinistra progressista: Elly Schlein. 37 anni, già vicepresidente dell’Emilia-Romagna, affiancherà Stefano Bonaccini anche nella corsa alla segreteria del Partito Democratico. O meglio, sarà proprio lei a dover affrontare il due volte eletto presidente di regione.

Primo dettaglio non trascurabile. Schlein si è iscritta al Partito Democratico pochi giorni fa, dopo le dimissioni di Enrico Letta dalla guida del Nazareno. Ebbene sì, andrà a correre per trainare un partito (mai in crisi come oggi, sceso al minimo storico del 15 per cento) dopo averne fatto parte solo per un biennio, ed averlo abbandonato durante la stagione renziana, che alle Europee 2014 riuscì a toccare punte del 40 per cento dei consensi.

“Comunista, anticapitalista, radical chic, ebrea ma anti-israeliana? Una serie di falsità…”, …

Alcuni giornali la stanno già definendo una “Meloni di sinistra”, alludendo alla scalata di una donna fino ai vertici della politica. Eppure, la storia dell’attuale Presidente del Consiglio parla ben chiaro. E risponde a decenni di militanza, di attivismo, andando poi a ricoprire incarichi istituzionali nel quarto governo di Silvio Berlusconi. Insomma, una realtà ben diversa rispetto al tira e molla tra Elly Schlein ed il Pd.

Ma andiamo dritti al punto. Ha fatto discutere l’intervista di Lilli Gruber, andata in onda ad Otto e Mezzo qualche giorno fa, che ha cercato di calzare la candidata alla segreteria del Nazareno, chiedendole di confermare o meno alcuni epiteti che le vengono attribuiti in queste ultime ore. C’è chi parla di comunismo, anticapitalismo, ebrea ma anti-israeliana e molto altro ancora.

Sotto il primo aspetto, Schlein non si può definire comunista in quanto “nativa democratica per ragioni anagrafiche”, essendo nata nel 1985. E ancora: “Non ho potuto appartenere alle storie precedenti ed al Partito Comunista italiano”. Eppure, l’idea rossa c’era a quei tempi ed è ancora ben presente nel mondo moderno, con il caso lampante della Repubblica Popolare Cinese. Ma tralasciando questi dettagli storici, è importante notare come Schlein tenta di spostare il discorso subito su Giorgia Meloni, cercando di affermare che quest’ultima non si sia mai dissociata dal mondo postfascista.

Insomma, chi è nata nel 1985 (cioè, quando il comunismo c’era) non può essere trattato in tal modo. Mentre chi è nata nel 1977 (quando il fascismo non c’era) deve essere trattata come una pericolosa militante di estrema destra. Un dato curioso, soprattutto perché Elly Schlein non ha preso alcuna distanza dalla realtà comunista di ieri e di oggi. Eppure, la domanda della Gruber è così semplice da poter rispondere con un sì o con un no: “Lei è comunista?”. Un quesito da risposta a dir poco immediata.

Ma gli aspetti per definirsi “comunista” ce ne sono in abbondanza. Lontani (e non più ricordati) sono i momenti in cui Schlein definiva i membri di Potere al Popolo “compagne” e “compagni”, con una certa familiarità (potete vedere l’intervista “incriminata” a questo link). E ancora, proprio pochissimi giorni fa, l’attivista Lgbt auspicava il rovesciamento del sistema “neoliberista”. O meglio, il tentativo di “cambiare il modello di sviluppo neoliberista che si è rivelato insostenibile”. Insomma, tutto fuorché una sostenitrice del capitalismo. E da Lilli Gruber lo ha dimostrato chiaramente.

Alla semplice domanda della conduttrice “Lei è anticapitalista?”, Schlein non riesce a rispondere, rimane impicciata e svicola: “Lei si sta riferendo a delle cose che ho letto dalla stampa più orientata a destra”. E ci mancava pure l’attacco contro i quotidiani liberali e conservatori, i quali rischiano di condividere notizie “che puzzano di sessismo, antisemitismo e omobilesbotransfobia”. Della risposta, ovviamente, non c’è traccia. Così come per le accuse di essere ebrea anti-israeliana.

Anche qui, ci sono alcune novità. Nel 2018, Elly Schlein partecipava alla XVI Conferenza dei Palestinesi d’Europa (protagonisti delle manifestazioni contro Israele a Milano nel 2017), dove intervenne all’interno della parte del comizio intitolata: “Gerusalemme, capitale della Palestina”. Fra i partecipanti, compare l’attivista Francesco Giordano, in evidenza per gli appelli alla contestazione della Brigata ebraica al corteo del 25 aprile e membro della Brigata XXVIII marzo, responsabile dell’omicidio del giornalista Walter Tobagi. Insomma, non di certo il luogo ed i personaggi che sostengono apertamente quella che, ad oggi, risulta essere l’unica democrazia del Medio Oriente.

Si badi bene. Con ciò non intendiamo dire in alcun modo che Schlein supporti tesi eversive contro lo Stato di Israele. Vogliamo solo far notare l’ipocrisia che c’è a fondo, nell’immagine di una ex europarlamentare ed attivista dei diritti delle minoranze, pronta a tacciare politica e stampa di “destra” delle peggiori nefandezze della storia: omofobia, sessismo, razzismo e molto altro ancora. E allora, riproponiamo la stessa domanda di Lilli Gruber: “Lei è comunista, anticapitalista, ebrea anti-Israele?”. Forse, adesso, la risposta sembrerà più chiara.

Matteo Milanesi, 11 dicembre 2022

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