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Legambiente: Ghiacciai italiani in crisi. Il più a rischio? Quello della Marmolada, ha 15 anni di vita»

di Alfio Sciacca

Per Legambiente e Comitato Glaciologico Italiano «la crisi climatica sta accelerando la sua corsa a un ritmo impensabile. Dopo le ultime tragedie è urgente che il governo approvi il piano di adattamento climatico»

Del cambiamento climatico in atto sono le prime vittime dirette. I ghiacciai stanno subendo delle trasformazioni epocali che ne cambiano i connotati determinato frane, slavine, smottamenti che, come nella tragedia della Marmolada, si portano dietro un pesante tributo anche in termini di vite umane. E l’anno che sta per concludersi conquista il triste primato di «anno nero dei ghiacciai», secondo Legambiente e Comitato Glaciologico Italiano (Cgi) che, alla vigilia della Giornata internazionale della montagna, hanno presentano il report finale della «Carovana dei ghiacciai». «La crisi climatica non arresta la sua corsa, sembra anzi accelerare a un ritmo impensabile anche dagli stessi esperti, non risparmiando le nostre montagne, sua sentinella principale» è l’amara conclusione del presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani.

I ghiacciai italiani continuano a perdere superficie e spessore, si disgregano in corpi sempre più piccoli e confinati ad alta quota, dove aumentano fenomeni di instabilità quali frane, colate di detriti, valanghe di roccia e di ghiaccio. Causa diretta l’estate caldissima del 2022, con intense ondate di calore e temperature record anche ad alta quota. Basti dire che a fine luglio sulle Alpi svizzere lo zero termico è stato registrato a 5.184 metri. Il dossier di Legambiente è un vero e proprio bollettino di guerra che non risparmia nessuno dei ghiacciai alpini italiani. Un dato per tutti: il ghiacciaio della Marmolada tra quindici anni potrebbe completamente scomparire, dopo che nell’ultimo secolo ha perso più del 70% in superficie e oltre il 90% in volume.

Andando nel dettaglio di alcuni dei dati del report nelle Alpi Occidentali c’è stato un arretramento frontale annuale di circa 40 metri. Nel ghiacciaio del Gran Paradiso è stato di 200 metri. E ancora i ghiacciai del Timorion (in Valsavaranche) e del Ruitor (La Thuile) con una perdita di spessore pari a 4,6 metri di acqua equivalente, la peggiore perdita degli ultimi ventidue anni. Accentuati i ritiri del ghiacciaio di Verra (Val d’Ayas), di quello del Lys e degli altri corpi glaciali del Monte Rosa, come il ghiacciaio di Indren, che in due anni, ha registrato un arretramento frontale di 64 metri, 40 solo nell’ultimo anno. Il Pre’ de Bar, che dal 1990 ad oggi registra mediamente 18 metri di arretramento lineare l’anno e il Miage che in 14 anni ha perso circa 100 miliardi di litri di acqua, il cui lago glaciale appare e scompare, negli ultimi tre anni in maniera sempre più rapida e repentina mentre in passato si verificava circa ogni 5/10 anni.

«Sorvegliati speciali» i ghiacciai Planpincieux e Grandes Jorasses in Val Ferret (AO) per il rischio di crolli che potrebbero coinvolgere gli insediamenti del fondovalle. Nel settore centrale, emblematico il ghiacciaio del Lupo che, solo nel 2022, registra una perdita del 60% rispetto a quanto perso nell’arco di 12 anni. Il ghiacciaio di Fellaria (Gruppo del Bernina, Val Malenco) perde in 4 anni quasi 26 metri di spessore di ghiaccio. Tra i fenomeni di collasso delle fronti spicca quello del Ventina (Gruppo del Monte Disgrazia), che in un anno ha perso 200 metri. Per quanto concerne le Alpi Orientali, del grande ghiacciaio del Careser (Val di Pejo), rimangono placche di pochissimi ettari, la sua superficie si è ridotta dell’86%. Numerosi gli arretramenti, anche di un chilometro, per la Vedretta de la Mare e a 600 metri per il ghiacciaio di Lares (Gruppo dell’Adamello).

«Torniamo a ribadire l’urgenza di programmare al più presto una reale governance del territorio e dei rischi ad esso connessi, con adeguate strategie e piani di adattamento al clima su scala regionale e locale, a tutela dei territori e delle comunità — sollecita il presidente di Legambiente Ciafani —. Dalla tragedia della Marmolada, all’alluvione delle Marche, fino alla frana di Ischia: nell’anno più drammatico per l’ambiente, è fondamentale che il governo Meloni approvi il Piano di adattamento climatico entro fine anno come annunciato e metta in campo gli strumenti e le risorse per attuarlo nel prossimo futuro. È altrettanto fondamentale procedere speditamente allo sviluppo delle politiche di mitigazione, partendo dall’aggiornamento del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima)».

7 dicembre 2022 (modifica il 7 dicembre 2022 | 13:01)

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