A distanza da sette mesi da quando è diventata relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, alcuni avvocati di diritto internazionale chiedono alle Nazioni unite il licenziamento dell’italiana Francesca Albanese, accusandola di aver fatto negli anni dichiarazioni antisemite.
Albanese è un’avvocata che ha lavorato per l’Alto commissariato delle Nazioni unite e per l’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi. Ha firmato diverse relazioni sullo stato dei diritti umani nei Territori palestinesi, dove ha anche vissuto per una breve parte della sua vita.
A ottobre ha pubblicato il suo primo rapporto da quando è stata nominata come relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori. La nomina di Albanese era già stata ampiamente criticata dall’associazione UN Watch, che lo scorso marzo ha pubblicato un articolo contro Albanese accusandola di antisemitismo.
Ma qual è il suo ruolo? Il relatore o la relatrice è un esperto indipendente nominato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite con il compito di indagare sui diritti umani nelle aree palestinesi, pubblicare rapporti pubblici e collaborare con i governi e ong sulla questione.
La polemica è arrivata anche sui social con l’avvocato di diritto internazionale di UN watch, Hillel Neuer, che ha pubblicato sul suo account un post Facebook di Albanese risalente al 2014.
Nel tweet Neuer chiede al Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e ad altri vertici dell’organizzazione il licenziamento per «l’antisemita» Albanese.
Il post incriminato del 2014
Il 31 luglio del 2014 l’avvocata Albanese riportava su Facebook una lettera che affermava di aver indirizzato al vescovo della diocesi della sua famiglia.
Nella lettera chiedeva donazioni per l’Unrwa. Dopo un excursus sulla sua esperienza personale in Palestina, Albanese scrive: «Mentre i paesi come Perù, Ecuador, Cile e Brasile hanno già condannato il massacro che si va compiendo a Gaza e interrotto tutte le relazioni militari e commerciali con Israele, l’America e l’Europa, soggiogati dalla lobby ebraica gli uni, e dal senso di colpa per l’Olocausto gli altri, restano al margine e continuano a condannare gli oppressi – i palestinesi – che si difendono con i soli mezzi che hanno (missili squinternati), invece di richiamare Israele alle proprie responsabilità secondo la legge internazionale, fare pressioni affinché desista da ulteriori aggressioni e avvii un negoziato di pace serio con i palestinesi».
Il resto della lettera enuncia i numeri della crisi umanitaria in corso a Gaza e si conclude con gli estremi dell’Iban e del conto corrente dell’Unrwa al quale inviare le donazioni.
Ma le sue dichiarazioni sulla lobby ebraica negli Stati Uniti e sul senso di colpa dell’Europa per l’Olocausto sono quelle criticate da United nations watch. Il post Facebook di Albanese è stato ripreso anche da Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma che in un tweet ha scritto: «Fa rabbrividire sapere che la persona che si dovrebbe occupare dei diritti umani per l’Onu evochi la lobby ebraica e difenda il movimento terroristico di Hamas e le sue azioni. Fa ancora più male sapere che è un’italiana a farlo».
Le altre dichiarazioni
Neuer ha pubblicato anche un video di Radio Radicale accusando Albanese di aver equiparato l’olocausto all’attuale condizione del popolo palestinese.
Nel video, parte di una conferenza online, Albanese dice: «Senza voler fare facili equazioni che spesso mi causano molti problemi, così come tragica, terribile, inenarrabile è la tragedia che si è abbattuta sul popolo ebraico con la Shoah, così per i palestinesi la Nakba rappresenta lo sgretolamento del tessuto connettivo di un popolo e lo sgretolamento fisico, istituzionale e la rottura di rapporti famigliari».
Secondo Neuer, Albanese ha anche esultato per la rimozione di Hamas da una lista di terroristi e appoggia il loro «diritto a resistere». Il caso è stato anche ampiamente trattato dal Times of Israel e Albanese è consapevole delle critiche rivolte nei suoi confronti.
In un’intervista rilasciata all’Altreconomia nel quale le viene chiesto come se ne esce dalle accuse di antisemitismo rivolte a chi spesso critica le misure del governo e dell’esercito israeliano ha risposto: «Se ne esce ascoltando i 300 intellettuali ebrei che hanno firmato la Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo: criticare Israele non è antisemita. Il Bds, il movimento che propone boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, nemmeno. Antisemita è chi discrimina un ebreo perché tale. Il diritto di pensiero e di critica non possono essere messi in discussione. Il messaggio che passa, così, è che i palestinesi non hanno altro spazio per il dissenso che la violenza. Non è nemmeno corretta l’idea che tutti gli israeliani supportino tale atteggiamento: ci sono accademici, esponenti della società civile e organizzazioni dei diritti israeliane contrarie».
La UN Watch
La UN Watch è un’organizzazione senza scopo di lucro che si impegna a far rispettare alle Nazioni unite i loro principi fondanti ed è interamente finanziata da donazioni di beneficenza.
L’Ong ha presentato alla 49esima sessione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu un documento sul caso di Albanese nel quale è accusata di aver «ripetutamente equiparato la Nakba palestinese all’Olocausto nazista, ha accusato Israele di apartheid, genocidio, pulizia etnica e crimini di guerra».
Mettendo in serio dubbio l’indipendenza della relatrice e sollevando un conflitto di interessi tra il suo ruolo e le sue opinioni personali.
Prima della sua nomina come relatrice speciale dalla Ong scrivevano preoccupati che Albanese «seguirà le orme del relatore speciale uscente, Michael Lynk, che non ha fatto nulla per far progredire il processo di pace e anzi ha solo rafforzato la discriminazione insita nel mandato attraverso i suoi rapporti e le sue dichiarazioni unilaterali dell’Onu che hanno dato via libera alle violazioni sistematiche dell’Autorità palestinese e di Hamas».
Il governo canadese di Justin Trudeau aveva criticato la nomina di Lynk nel 2016, affermando che i relatori speciali dell’Onu devono avere un «curriculum che possa far progredire la pace nella regione» ed essere «credibili, imparziali e obiettivi».
Nonostante le accuse Albanese è stata scelta come relatrice, in attesa di capire se l’Onu prenderà provvedimenti sul suo caso.
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