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I veri miracoli sono i piccoli gesti, l’ascolto, il rispetto dell’altro – Giornale di Verona, cultura, ambiente, turismo, politica, fotografia

 Vangelo di Matteo

In quel tempo, Giovanni, che era in prigione, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: ««“Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui, del quale sta scritto: Ecco, prima di te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Matteo 11,2 – 11

«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?»

Il Battista sta vivendo un momento difficile. È in carcere, costretto al silenzio, per aver criticato il comportamento di Erode. Anche Giovanni, come tutti noi, è pieno di dubbi, di domande, di crisi.

Dubitare è umano. Non si può credere senza dubitare. Il dubbio è l’anima della fede.

Sono ancora molto attuali le parole del cardinale Martini che diceva: “In ognuno di noi c’è un credente e un non credente. In tutti noi c’è un ateo potenziale che grida e sussurra ogni giorno le sue difficoltà a credere”.

Ma che cosa risponde Gesù ai discepoli di Giovanni? «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano …».

Gesù non risponde con un ragionamento. Non si preoccupa di dimostrare che lui è il Messia. Per Gesù ciò che conta sono i fatti, non le parole. Il Vangelo è vita concreta, non discorsi, non chiacchiere, non slogan.

Il brano si conclude con una frase di Gesù piuttosto difficile da interpretare. Dopo aver detto che Giovanni è il più grande tra i nati da donna, aggiunge: «tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

Che cosa voleva dire? Forse Gesù voleva sottolineare che, con la sua venuta, finiva il tempo della religione del tempio, dei riti, dei sacrifici ed iniziava invece la religiosità della vita.

La spiritualità di Gesù è diversa dalla “religione” di Giovanni. Per Giovanni, il mondo nuovo si realizza attraverso la penitenza, il digiuno, i sacrifici, cioè i gesti tipici di chi è “religioso”. Per Gesù invece, un altro mondo è possibile, attraverso il donare, il condividere, lo “spezzare il pane”.

Giovanni parlava di bruciare i peccatori. Gesù invece va a pranzo con loro. È lo scandalo della misericordia e della tenerezza!

Gesù ci invita a fare anche noi come ha fatto lui: seminare speranza, aiutare a vivere. Inchinarsi per risollevare. Non giudicare. Consolare.

Il credere non vuol dire sacrificare la propria vita. Non vuol dire rinunciare a ragionare. Invece vuol dire imparare ad amare profondamente la vita. Vuol dire aprirsi a cammini inediti, a possibilità impensabili.

Credere non vuol dire chiedere a Dio che faccia miracoli. I veri miracoli sono i piccoli gesti quotidiani, come uno sguardo, un sorriso, il saper ascoltare, il rispettare, il non giudicare, il dare una mano.

Davvero evangelico quello che dice Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”: “Se riesco ad aiutare anche una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente”.

Don Roberto Vinco

Domenica 11 dicembre 2022

La tenerezza salverà il mondo

«A questo mondo disumano, distribuiamo sorrisi,

fiori, baci, gatti, musica, sogni, preghiere, gratuità.

Questo è il maggiore affronto, la controcultura più profonda».

Adriana Zarri, (1919-2010) teologa, eremita, scrittrice

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