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Martino Fedele, pastore di 26 anni: «Io, con le capre anche a Natale»

CARZANO-VIDOR. Mentre molte famiglie preparano il cenone di Natale e in molte case, almeno dove ci sono bambini, si costruisce il presepe, vi sono delle categorie di persone come gli allevatori e in particolare i pastori transumanti che non possono interrompere la loro attività perché le pecore mangiano anche il giorno del Santo Natale. A tutti loro dedichiamo con ammirazione e gratitudine la storia di giovani agricoltori di questa

settimana.

Come ai tempi della nascita di Gesù anche oggi i pastori

sono costretti a trascorrere molte ore delle loro giornate e delle notti al freddo per vegliare il gregge. Quindi anche la notte di Natale trascorrerà come tutte le altre notti. E di pranzi di Natale non se ne parla. Sarà ancora una volta un modesto pranzo nel camper che accompagna il gregge e che è la loro casa mobile. È il caso anche di Martino Fedele, 26 anni, che fin dai 18, a compimento della scuola professionale di San Michele, ha scelto di seguire le orme del nonno e del papà Silvano facendo il pastore transumante, un’attività che lo porta via di casa per 12 mesi all’anno.

Una vita che segue lo scorrere delle stagioni. L’inverno con il suo gregge di oltre 1.500 pecore, lo trascorre in Veneto fra le provincie di Padova, Treviso, Venezia, Belluno. Ora è a Vidor, in provincia di Treviso. Quando si

apre la stagione e nei campi non si può più entrare, il gregge risale il Piave per tornare in provincia di Belluno sulle malghe dell’Agordino per poi arrivare verso settembre in Val di Fassa. Quindi nuovamente la via del ritorno in Veneto attraverso il Passo Pordoi, il Sella e giù in pianura padana.

Chiediamo a Martino se i pastori trovano dei problemi coi proprietari dei campi e con i comuni.

«I Comuni sono sempre più esigenti: spesso i sindaci emanano delle ordinanze per impedirci di attraversare le strade anche quando attraversarle è per noi necessario. Così fioccano le multe. Ma vi sono problemi anche con taluni privati che non vogliono che pascoliamo nei loro campi. Ma in realtà, sono anni che facciamo sempre lo stesso percorso e sappiamo quali sono le zone problematiche».

«Certo – riprende sospirando Fedele – la situazione sta cambiando anche in Veneto dove c’erano dei bellissimi prati ora hanno piantato vigneti».

E l’inverno come sta andando? «Non male, solo da pochi giorni sentiamo il freddo». Alla domanda del perché una scelta così ricca di sacrifici e di pochi guadagni, la risposta è netta: «Per passione. Perché fin da bambino papà mi portava a custodire le pecore e non avrei mai immaginato un’altra vita che non quella del pastore».

Progetti per il futuro? «Consolidare il numero dei capi del gregge, ma anche quello di affrontare il problema lana. Siamo all’assurdo: la lana anziché essere considerata una risorsa ora viene trattata come rifiuto speciale, quindi per noi è una spesa. Almeno io mi arrangio a fare la tosatura – afferma Martino – risparmiando così qualcosa».

L’azienda è condotta in società con il papà Silvano e il fratello Francesco, di vent’anni. «Abbiamo costituito una società agricola semplice e io ho anche chiesto il premio d’insediamento che inspiegabilmente mi è stato negato. Ma dobbiamo avvalerci anche di collaborazione esterne perché papà è pensionato e c’è solo saltuariamente».

E le entrate in cosa consistono visto che la lana è un costo? «Nella vendita degli agnelloni all’età di 7-8 mesi, delle pecore di fine carriera e delle giovani pecore da rimonta. Certo, purtroppo anche il prezzo dei capi che vendiamo è modesto, quelli che guadagnano sono i commercianti. La maggior parte viene acquistata dagli arabi che li utilizzano per il Ramadan. Ma ora sono diventati di moda anche certi arrosticini di pecora e quindi si è creato un mercato anche fra gli italiani. Per fortuna riceviamo i premi d’alpeggio anche se la burocrazia è pesante anche nel nostro lavoro».

E a casa quando torna? «Una sera a settimana per fare il cambio dei vestiti e lavarmi». Ma Martino pensa anche di farsi una casa propria a Carzano che spera di finire per poter portare in Valsugana anche la compagna Angelica e la loro bimba nata giusto tre settimane fa.

Pentito della scelta del pastore? «Per me non è un lavoro, ma una scelta di vita anche se sono cosciente che comporta molti sacrifici come quello della notte di Natale. E gli amici apprezzano la mia scelta e i miei sacrifici».

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