La politica, si sa, è l’arte della supercazzola. Passi una vita a denunciare il Mes e i rischi che produrrebbe per l’Italia e poi, una volta al governo, ti appresti a ratificarlo senza colpo ferire. Voi sapete che il bello di questo sito è che non risparmiamo critiche a nessuno. Neppure a Giorgia Meloni, che ieri da Vespa a Porta a Porta si è arrampicata sugli specchi del Meccanismo Europeo di Stabilità. Aprendo alla ratifica che qualche mese fa avversava.

In sostanza, Meloni ieri ha detto che il dossier sarà affare del Parlamento, precisando però che “se siamo gli unici che non approvano la riforma, allora blocchiamo gli altri”. Tradotto: in un modo o nell’altro, il Belpaese ratificherà il nuovo Mes. Una apertura senza precedenti: poi si vedrà se la ratifica arriverà con o senza i voti di Fratelli d’Italia, ma comunque i meloniani non dovrebbero fare le barricate in Aula. Per giustificare questo cambio di passo, Meloni ha assicurato gli elettori che al Mes “l’Italia non accede finché io conto qualcosa: lo posso firmare con il sangue”. Ne siamo certi. È difficile se non improbabile che il governo attuale possa chiedere o volere il Meccanismo, non c’è neppure bisogno di versare il sangue per capirlo. Il problema è cosa avverrà in futuro. 

Non faremo qui una valutazione tecnica sul Mes. Non ci interessa. Fdi però lo ha sempre considerato uno spauracchio. Per citare un discorso di appena due anni fa: col Mes, disse Meloni, “ci entra la Troika dentro casa”. Giorgia forse non ha cambiato idea, e ieri lo ha spiegato: “Le condizionalità – ha detto – sono troppo stringenti perché il Mes è un creditore privilegiato, cioè in caso di difficoltà è il primo a dover essere restituito”. Insomma: che lo veda ancora come “un possibile cappio” è chiaro. Il punto è che Fdi avrebbe la forza parlamentare per mandare il Mes al macero. Se invece, come sembra capire dalle parole della leader, in Parlamento Fdi non vuole fare le barricate, è facile allora che alla fine la ratifica arrivi. A quel punto, minacciare svenamenti di sangue e promettere che comunque l’Italia non lo utilizzerà diventa, appunto, una supercazzola. 

Si, certo: se per i prossimi cinque anni dovesse durare il governo Meloni, lei non lo chiederà. Lo stesso dicasi qualora il centrodestra dovesse vincere di nuovo nel 2027. Ma poi? Una volta approvate le modifiche, sarà a disposizione del prossimo esecutivo favorevole al Mes. È in sostanza come se Meloni col suo “ci penserà il Parlamento” stesse armando il bazooka che lei stessa dai banchi dell’opposizione sperava non venisse mai caricato. È non c’è firma col sangue che tenga. 

Giorgia Meloni sul Mes: la storia chiama, non staremo con chi vuole svendere l’Italia

giorgia melonimes