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Sartori e i vigneti resistenti: ecco il vino che nasce in quota 

giovani agricoltori

Sartori e i vigneti resistenti: ecco il vino che nasce in quota 

Marco collabora con papà Michele nell’azienda di Concei che coltiva viti a 750 metri di altitudine in Valle di Ledro. Intanto studia enologia e pensa anche al Trento doc


Carlo Bridi

LOCCA DI CONCEI (LEDRO). Chi l’avrebbe mai detto appena qualche decennio fa che a Pur, in Valle di Ledro, a 750 metri s.l.m. si sarebbe arrivati a coltivare la vite e a produrre degli ottimi vini? Ebbene, c’è voluto un imprenditore non agricolo che opera nel settore delle attrezzature per la raccolta dei rifiuti e del giovanissimo figlio che di lì a poco sarebbe diventato studente all’Istituto Agrario di San Michele, per mettere a dimora sui terreni a 750 metri, i primi vigneti delle varietà resistenti, cominciando con la Solaris per proseguire con il vitigno resistente selezionato dalla FEM, il Termantis. Si tratta di Michele e Marco Sartori, padre e figlio. Assieme hanno costituito l’azienda: Sartori organicfarm, azienda agricola vitivinicola.

Ora, Marco, 23 anni, si è diplomato perito agrario alla FEM, ha frequentato il corso biennale di tecnico superiore delle bevande e sta frequentando il secondo anno dell’Università di San Michele a/A, per specializzarsi in viti-enologia. Nel frattempo ha sviluppato l’azienda agricola che dispone di 3,5 ettari di terreni coltivati a vigneti in tre diverse zone: due varietà resistenti in Valle di Ledro, 12 mila metri quadrati, metà a Pur e metà a Tiarno di Sotto. Il Merlot e il Cabernet sulla collina di Bolognano d’Arco e il Souvignier Gris, altro resistente, a Besagno. Da questo ottengono un vino bianco chiamato Athol.

Ma perché – chiediamo a Marco – una scelta così radicale senza seguire l’azienda di papà? «Per la mia passione per la terra dove da sempre vivo ma anche per la consapevolezza che il futuro sarà di chi sa coltivare adeguandosi ai ritmi della natura. Per questo, fin dall’inizio la scelta di modello di agricoltura è stata netta: quella dell’agricoltura biologica per la quale siamo certificati fin dall’inizio, con tutte le nostre produzioni compresi i 6000 metri quadrati di olivi che abbiamo sulla collina di Arco dove produciamo mediamente 400 litri di ottimo olio della varietà Casaliva» spiega Marco Sartori. Per ora e fino a quando è studente, ancora per oltre un anno, Marco sarà collaboratore dell’azienda dove è titolare papà Michele, ma la situazione cambierà non appena avrà conseguito la laurea. Marco intende infatti sviluppare l’azienda comperando altri terreni da adibire a vigneto e aumentare così la produzione, ma anche sviluppando con nuovi vitigni sia convenzionali che resistenti nuove linee di commercializzazione. Se troverà i terreni vocati Sartori andrà a produrre anche le uve base per il Trento doc.

Certo, a 23 anni c’è anche un sogno nel cassetto che Marco ci confida quasi con pudore, quello di arrivare ad avere una bella azienda ben radicata sul territorio, con vini affermati sul mercato, con particolare attenzione, ma non solo, ai vini delle varietà resistenti sui quali però c’è molto da lavorare. Ma una cosa sembra ormai certa, le viti resistenti danno vini apprezzati sul mercato particolarmente da parte degli ospiti tedeschi del Lago di Garda che premiano la scelta del biologico.

«Il fatto che i nostri vini siano molto apprezzati – dice Marco – lo dimostra anche il fatto che il prezzo di vendita si attesta sui 14 euro a bottiglia. La quantità ad oggi è molto modesta, appena 6000 bottiglie, perché i vigneti sono tutti nuovi, i più vecchi sono quelli messi a dimora nel 2016, ma gli altri sono molto più giovani. A regime contiamo di raggiungere le 15 mila bottiglie tutte vendute a km zero. Su prenotazione di gruppi con il massimo di 20 persone, organizziamo delle degustazioni della durata di circa un’ora e mezza, per far scoprire la storia legata al nostro territorio e assaporare i nostri prodotti».

L’impegno in azienda unito agli studi è molto impegnativo, per cui chiediamo a Marco se ha mai avuto dubbi sulla bontà della scelta. «Assolutamente no» è la risposta netta «perché credo che la viticoltura se biologica in particolare possa avere un avvenire ed io in questo mondo mi trovo molto bene».

E il suo rapporto con l’ambiente qual è? «Di grande attenzione, cerchiamo di fare il possibile per produrre con il minor impatto ambientale. In questo ci danno una mano le varietà resistenti, ma non solo: abbiamo trovato un mercato che sa valorizzare queste nostre scelte».

Marco è un grande appassionato della montagna anche se più aumenta l’impegno in azienda e meno è il tempo a disposizione per le escursioni in montagna. Per la sua passione è stato chiamato anche a far parte del direttivo della sezione SAT della Valle di Ledro.

E i colleghi di università come vedono la scelta? «Mostrano interesse per i vini PIWI, sia per la fase produttiva che per la commercializzazione, in quanto si vuole capire fino a quanto potranno essere sostitutivi dei vitigni tradizionali. Il nostro esempio – conclude – è stato seguito da altre due aziende nella nostra valle».
 

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