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Piste ciclabili, «azzerati» i 94 milioni destinati ai progetti. La rabbia dei Comuni: «Ripensateci»

di Alessandro Fulloni

L’allarme ambientalista: definanziate i fondi previsti per il 2023 e il 2024. «Occorre spendere di più». Il consiglio comunale di Genova approva un ordine del giorno all’unanimità: «Recuperate quei soldi». La «trattativa» in Commissione Trasporti

È una vicenda piuttosto surreale: in questi giorni in cui tanti appassionati del pedale sono scossi e addolorati per la morte di Davide Rebellin, l’ex corridore 51enne travolto e ucciso a Monticello Vicentino da un camionista tedesco poi fuggito, si scopre che il governo ha azzerato i fondi — tra la rabbia dei Comuni, in primis quelli di Genova e Bologna, e le opposizioni in Parlamento — per costruire nuove piste ciclabili.

A lanciare l’allarme è stato Claudio Magliulo, responsabile italiano di Clean Cities, network europeo di associazioni ambientaliste e per la mobilità alternativa, che ha studiato la nota integrativa alla legge di Bilancio 2023 (il documento è pubblico ed è online da qualche giorno) che cassa i finanziamenti alle ciclovie dello Stivale. Per gli anni 2023 e 2024 erano previsti due finanziamenti da 47 milioni di euro (per un totale di 94 milioni) che però ricompaiono — anzi, meglio: «spariscono» — con un eloquente segno negativo (-) davanti alla voce «definanziamento». In sintesi: soldi dirottati chissà dove — forse al trasporto pubblico locale (bus e metro) che vede, in molte città, le aziende a un passo dal collasso — ma di certo non più al «Fondo della ciclabilità» istituito dal governo Conte II nel 2019 che prevedeva lo stanziamento di 141 milioni per il triennio 2022-2024 (47 all’anno) per la «realizzazione di zone a 30 km/h, corsie ciclabili, case avanzate e aree di sosta per biciclette».

Appresa la notizia, i Comuni sono insorti. Ieri (martedì) quello di Genova (centrodestra) ha approvato in consiglio, addirittura all’unanimità, un ordine del giorno eloquentissimo in cui, nel ricordare i 106 ciclisti travolti e uccisi quest’anno, si osserva che «l’azzeramento delle già poche risorse per la ciclabilità urbana è una proposta che impedirebbe alle amministrazioni locali di rendere le città davvero ciclabili e sicure». Ecco perché viene chiesto al sindaco Marco Bucci di adoperarsi presso «governo, Parlamento e Anci» per fare sì che i 94 milioni vengano recuperati se non addirittura aumentati.

Stesse perplessità a Bologna (centrosinistra) dove l’assessora alla Mobilità Valentina Orioli, parlando di «scelta incomprensibile», ribadisce che l’azzeramento arriva «in un momento in cui nelle città siamo fortemente impegnati per garantire maggiore sicurezza stradale e una accelerazione sullo sviluppo della mobilità sostenibile».

Magliulo ora scuote la testa: «Altro che azzerare i fondi: bisogna invece incrementarli…». E squaderna il dossier — «L’Italia non è un paese per bici» — presentato da Clean Cities, Legambiente, Kyoto Club e Fiab pochi giorni fa, il 24 novembre. Sostanzialmente: sul piano della ciclabilità, il Belpaese è il fanalino di coda del contesto europeo. Le città italiane hanno una media, secondo i dati Istat, di 2,8 km di ciclabili per diecimila abitanti, con grandi disparità territoriali, da zero km in molti capoluoghi del Centro-Sud ai 12-15 km di Modena, Ferrara, Reggio Emilia, considerando i chilometri medi, superiori, di Helsinki (20 km/10.000 abitanti), Amsterdam (14 km/10.000 abitanti) o Copenaghen (8 km/10.000 abitanti). Ecco perché quei fondi sarebbero serviti per le ciclovie urbane, per espandere le reti ciclabili sulla base dei piani urbani di mobilità sostenibile (i cosiddetti «pums»). «Insomma: sarebbero serviti a chi esce da casa in bici per raggiungere il posto di lavoro, la metro, la scuola o per spostarsi in tranquillità e sicurezza dentro la città» conclude Magliulo.

Secondo il dossier ambientalista per gli spostamenti a pedali «occorre spendere di più» e quei 94 milioni di euro sarebbero stati comunque ben poco rispetto al fabbisogno di 1,34 miliardi di euro che serviranno — secondo le stime contenute nel dossier — per completare la rete delle piste ciclabili italiane previste nei «pums» elaborati dai Comuni.

Se non altro una buona notizia arriva dal ministero dei Trasporti dove spiegano che, sì, il fondo è stato definanziato perché nel 2022 le risorse erano rimaste inutilizzate (ovvero: le regioni non avevano attivato il necessario cofinanziamento per il via ai progetti). Però nel bilancio del ministero ci sono altri soldi — con più di 200 milioni di euro complessivi — destinati anche a interventi per realizzazione di ciclostazioni e per la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina. «Da questo fondo, ad esempio, sono stati attinti — ricorda una fonte di goverrno — 137 milioni del capitolo per la realizzazione di piste ciclabili urbane».

Ma che fine potrebbero fare quei 94 milioni di euro? Lo racconta ancora una nota integrativa alla legge di Bilancio che trasferisce circa 17 miliardi di euro in tre anni alle aziende di trasporto pubblico locale. Una cifra colossale recuperata anche dirottando al funzionamento di bus, tram e metro lo stanziamento previsto per le ciclabili. «Di fatto il governo ha messo una modalità di trasporto sostenibile in competizione con l’altra — osserva il responsabile di Clean Cities — per l’accesso a risorse già scarse, anche se la legge di bilancio è generosa con il settore energetico e nella riduzione degli oneri derivanti dal maggior costo di gas e diesel».

La polemica cresce. Ieri in Commissione Trasporti si è battagliato per recuperare i fondi. Giulia Pastorella (Azione) ha presentato un emendamento per il ripristino. Proposta bocciata, ma un attimo prima del voto contrario il sottosegretario ai Trasporti Edoardo Rixi (Lega) aveva suggerito di ritirarla per ripresentarla in commissione Bilancio. Questo «per non compromettere un confronto ancora in corso». Chissà, forse uno spiraglio è ancora aperto.

7 dicembre 2022 (modifica il 7 dicembre 2022 | 18:50)

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