Un’arteria minore cittadina in… caduta libera. È via Dietro Campanile San Tomaso, tra stradone San Tomaso e via Giosuè Carducci. Negli immediati paraggi, appunto, della chiesa di San Tomaso Becket (dedicata a Thomas Becket, Lord cancelliere del Regno d’Inghilterra, poi arcivescovo cattolico di Canterbury e primate d’Inghilterra, Londra, 21 dicembre 1118 – ucciso da scherani del re Enrico II nella cattedrale di Canterbury il 29 dicembre 1170, proclamato santo nel febbraio 1173), più nota come chiesa di San Tomaso Cantuariense.
L’attuale chiesa di San Tomaso sarebbe l’ampliamento d’un precedente edificio religioso intitolato alla Vergine Annunciata accanto ad un altro dedicato a Tomaso Becket poi destinato alla demolizione. Tra il 1449 ed il 1504 (anno della consacrazione), perciò, sorse l’attuale struttura sacra denominata di San Tomaso Becket che, secoli dopo, le truppe napoleoniche adattarono ad infermeria ed ospedale. Solo con l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, nel 1866, la chiesa tornò ad officiare le sue originali funzioni.
Tra i pregi artistici esterni ed interni, la chiesa di San Tomaso vanta un pregiato organo a canne di tipo barocco, costruito nel 1716 dall’organaro Giuseppe Bonatti (Desenzano del Garda, 20 marzo 1668 – Desenzano del Garda, 24 maggio 1752).
Il 7 gennaio 1770 il quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 27 gennaio 1756 – Vienna, 5 dicembre 1791), durante uno dei suoi viaggi in Italia col padre Leopold, suonò lo strumento in un concerto ed avrebbe inciso (il condizionale è d’obbligo) con un coltellino sulla cassa lignea le iniziali tuttora visibili del suo nome, W. S. M., cioè Wolfgang Salisburgensis Mozart, ovvero Wolfgang Mozart di Salisburgo.
Il campanile del 1478 (stando ad un’epigrafe) richiama, quindi, a via Dietro Campanile San Tomaso ed al suo “c’era una volta” di rispetto popolar-veronese. Tempi diversi dagli attuali, dove muri, portoni, saracinesche sono imbrattati con bombolette spray da arroganti sfaccendati, dove la decadenza dell’esterno delle case (con pareti scrostate e mattoni ormai a vista) è palese, dove le scritte di richiamo ai “ricordini” lasciati dai cani al guinzaglio di incivili padroni assumono contesti tragicomici.
Nella via s’avverte un senso di resa al degrado che non fa onore alle competenze di basilare decoro pubbliche e private.
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi