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Influenza del cammello, torna il terrore virale: “È un virus letale” – Claudio Romiti

Dopo il pipistrello del Covid-19 e la scimmia del vaiolo, abbiamo pure il cammello del Mers-Cov. Tant’è che molti dei nostri mezzi d’informazione si sono buttati a pesce sull’arrivo in Occidente della cosiddetta influenza del cammello. La Repubblica, in particolare, ha dato la notizia con grande enfasi, preannunciando l’inevitabile arrivo di questa ennesima catastrofe virale.

Dopo aver sottolineato che non si tratta di una malattia nuova, dato che in Italia si conosce dal 2012, e che sarebbe veicolata in Europa dal ritorno dei tifosi dai mondiali del Qatar, nel pezzo troviamo un vero e proprio paragrafo del terrore che val la pena riportare integralmente: “Purtroppo è un virus molto pericoloso e letale: stando ai numeri della Health Security Agency del Regno Unito, un terzo degli infettati muore a causa delle complicanze. Tra i 2.600 casi rilevati in 12 paesi del Mediterraneo orientale e del Medio Oriente ci sono stati ben 935 decessi, pari al 36% del totale. Dunque, dati alla mano, questo tipo di influenza è molto più letale del Covid, perché quest’ultimo ha una mortalità del 4%.”

Ebbene, dal momento che la popolazione europea è in contatto da una decina di anni con un virus che si presume più letale dell’Ebola (quest’ultimo in Occidente viene accreditato di un tasso di letalità del 25%), come mai solo oggi ci accorgiamo di questo enorme rischio per la salute? Gli ingenui e le anime belle potrebbero pensare che ciò dipenda dalla pandemia di Covid-19, la quale avrebbe resa la nostra democrazia – i cui la stampa svolge il ruolo di cane da guardia – più sensibile al tema delle infezioni virali dei coronavirus, come è anche quello che causa l’influenza del cammello.

Ma i maligni come noi sono invece portati a credere che, dopo il pasticciaccio brutto di questi ultimi tre anni, in cui intere categorie hanno lucrato su una paura ancora ben presente nella nostra società, per i professionisti del citato terrore virale sia diventato un giochetto quello di ingigantire  simili vicende per un mero interesse di bottega. In estrema sintesi, dopo che con il Covid si è spontaneamente creata una sorta di industria del virus, i suoi principali artefici non perdono una occasione per rinnovare un clima il quale, per quanto riguarda il mondo dell’informazione, ha rappresentato un vero affare sotto molti punti di vista.

E la dimostrazione che ancora una volta siamo di fronte a qualcosa di molto diverso rispetto ad una corretta informazione è, per l’appunto, offerta dai numeri riportati nel summenzionato articolo, in cui il tasso di letalità – che il giornalista scambia con la mortalità – del Covid viene sovradimensionato di 15/20 volte; mica bruscolini.

Infine, se queste allucinanti stime sulla letalità del coronavirus del cammello – in realtà sembra che esso venga dal dromedario – fossero vagamente attendibili, come mai dai mondiali del Qatar non è giunta alcuna notizia, visto che centinaia di migliaia di tifosi e di appassionati, provenienti da mezzo mondo, si sono accalcati per giorni negli stadi di calcio? Se fosse vero che oltre un terzo di chi si infetta muore, si sarebbe dovuta verificare una strage di dimensioni bibliche. Ma forse di biblico qui c’è solo l’imbarazzante sensazionalismo di buona parte della nostra stampa, sempre disposta a scambiare fischi per fiaschi, pur di vendere qualche copia in più.

Claudio Romiti, 14 dicembre 2022

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