di Gian Guido Vecchi
Alla decima stazione verranno lette le testimonianze di un ragazzo ucraino e un ragazzo russo sulla guerra in corso
CITT DEL VATICANO Papa Francesco non andr stasera alla Via Crucis al Colosseo, alla fine ha prevalso la prudenza. Per via del freddo intenso di questi giorni, ha fatto sapere la Santa Sede, il pontefice seguir la Via Crucis da Casa Santa Marta, unendosi alla preghiera di coloro che si raccoglieranno con la diocesi di Roma all’Anfiteatro Flavio.
Del resto, Francesco stato dimesso dal Gemelli sabato scorso dopo tre giorni di ricovero per una bronchite su base infettiva trattata con antibiotici, e non era il caso che rimanesse seduto due ore all’aperto sul Colle Palatino, le ultime sere romane sono state gelide. Francesco, comunque, nel pomeriggio ha presieduto come previsto la celebrazione della Passione in San Pietro, restando seduto senza prostrarsi sul pavimento per via del dolore al ginocchio.
Le meditazioni di questa sera sono dedicate a quella che Bergoglio, dall’inizio del pontificato, ha definito la Terza guerra mondiale combattuta a pezzi.
I testi sono testimonianze ascoltate dal Santo Padre nel corso dei suoi viaggi apostolici e in altre occasioni e raccolte da alcuni dicasteri vaticani. Voci di pace da tutto il mondo che scandiscono le quattordici stazioni. Nella preghiera iniziale si dice: Ges, che per noi abbracci la croce, guarda la nostra terra assetata di pace, mentre il sangue dei tuoi fratelli e delle tue sorelle continua a essere versato e le lacrime di tante madri che perdono i figli in guerra si mischiano a quelle della tua santa Madre. Anche tu, Signore, hai pianto su Gerusalemme perch non aveva riconosciuto la via della pace. La Croce sar portata ad ogni stazione da rifugiati delle stesse aree geografiche.
Alla decima stazione, la pi attesa, si leggono le testimonianze di un giovane ucraino e un giovane russo. Fino all’ultimo i testi sono rimasti riservato perch l’anno scorso si sfior l’incidente diplomatico, dopo le polemiche per la presenza in una stazione di due amiche, una ucraina e una russa, Papa Francesco decise che la meditazione non fosse letta, che ciascuno nel proprio cuore preghi per la pace del mondo.
Ora, nella testimonianza scritta, l’ucraino racconta: L’anno scorso, pap e mamma hanno preso me e mio fratello pi piccolo per portarci in Italia, dove nostra nonna lavora da pi di vent’anni. Siamo partiti da Mariupol durante la notte. Alla frontiera i soldati hanno bloccato mio padre e gli hanno detto che doveva rimanere in Ucraina a combattere. Noi abbiamo continuato in pullman per altri due giorni. Arrivati in Italia io ero triste. Mi sono sentito spogliato di tutto: completamente nudo. Non conoscevo la lingua e non avevo nessun amico. La nonna si sforzava per farmi sentire fortunato ma io non facevo altro che dire di voler tornare a casa. Alla fine la mia famiglia ha deciso di rientrare in Ucraina. Qui la situazione continua ad essere difficile, c’ guerra da tutte le parti, la citt distrutta. Ma nel cuore mi rimasta quella certezza di cui mi parlava la nonna quando piangevo: “Vedrai passer tutto. E con l’aiuto del buon Dio torner la pace”.
E l’altro: Io invece, sono un ragazzo russo… mentre lo dico sento quasi un senso di colpa, ma al tempo stesso non capisco perch e mi sento male due volte. Spogliato della felicit e di sogni per il futuro. Sono due anni che vedo piangere la nonna e la mamma. Una lettera ci ha comunicato che mio fratello pi grande morto, me lo ricordo ancora nel giorno del suo 18 compleanno, sorridente e brillante come il sole, e tutto questo solo qualche settimana prima di partire per un lungo viaggio. Tutti ci dicevano che dovevamo essere orgogliosi, ma a casa c’era solo tanta sofferenza e tristezza. La stessa cosa successa anche per pap e nonno, anche loro sono partiti e non sappiamo pi nulla. Qualche mio compagno di scuola, con tanta paura, mi ha detto all’orecchio che c’ la guerra. Tornato a casa ho scritto una preghiera: Ges, per favore, fa’ che ci sia la pace in tutto il mondo e che tutti possiamo essere fratelli.
La prima stazione dalla Terra Santa: La pace, che tutti desideriamo, non nasce da s, ma attende una nostra decisione. Allora come oggi siamo continuamente chiamati a scegliere tra Barabba o Ges: la ribellione o la mansuetudine, le armi o la testimonianza, il potere umano o la forza silenziosa del piccolo seme, il potere del mondo o quello dello Spirito. In Terra Santa sembra che la nostra scelta ricada sempre su Barabba. La violenza sembra essere il nostro unico linguaggio. Il motore delle reciproche ritorsioni continuamente alimentato dal proprio dolore, che diventa spesso l’unico criterio di giudizio. Giustizia e perdono non riescono a parlarsi. Viviamo insieme, senza riconoscerci l’un l’altro, rifiutando l’uno l’esistenza dell’altro, condannandoci a vicenda, in un circolo vizioso senza fine e sempre pi violento.
Poi, la testimonianza di un migrante dell’Africa occidentale che racconta tredici giorni di viaggio e altri otto nel deserto tra auto bruciate e cadaveri e la Libia dove i trafficanti imprigionano e torturano chi non paga e poi la traversata su un gommone con pi di cento persone, una nave italiana che li carica e li riporta in Libia, la nuova prigionia, e ancora una traversata dieci mesi pi tardi, la prima notte ci furono onde alte, quattro caddero in mare, riuscimmo a salvarne due, mi addormentai sperando di morire, il salvataggio di pescatori tunisini e ong, e di nuovo in Libia e insomma un’odissea di sei traversate fino ad arrivare a Malta, rimasi in un centro per 6 mesi e l persi la testa; ogni sera chiedevo a Dio perch: perch uomini come noi devono ritenerci nemici?.
Si va avanti cos, stazione dopo stazione, una sintesi dei dolori del mondo. Giovani del Centro America che denunciano narcotraffico, violenza, dipendenze e sfruttamento delle persone. Una madre sudamericana che scrive: Nel 2012 l’esplosione di un ordigno piazzato dai guerriglieri mi devast una gamba, ricordo le urla della gente e sangue ovunque, la mia bimba di sette mesi coperta di sangue, con molti pezzi di vetro conficcati nel suo visino.
E ancora giovani provenienti da Africa, Sud dell’Asia e Medio Oriente, la mia vita in viaggio, sono scappato dalle bombe, dai coltelli, dalla fame e dal dolore, sono stato spinto su camion, nascosto in bauli, gettato su barche pericolanti. Un sacerdote religioso della Penisola Balcanica, imprigionato e torturato in un lager durante la guerra finch la salvezza arriv, sotto forma di aiuti e di cibo, tramite una donna musulmana, Fatima, che riusc a raggiungermi facendosi largo in mezzo all’odio.
Due adolescenti dell’Africa Settentrionale, Joseph di 16 anni e Johnson di 14, che raccontano la vita da sfollato in un campo profughi con i genitori, qui la vita non buona, molti bambini non vanno a scuola perch non ci sono insegnanti e scuole per tutti: la pace bene, la guerra male, vorrei dirlo ai leader del mondo. E voci di pace dal Sud-Est Asiatico che raccontano gli attacchi ai luoghi di culto, una consacrata dell’Africa Centrale e la guerriglia dei ribelli, bastava incrociare una pallottola vagante per morire, un giovane del Vicino Oriente e gli attacchi di estremisti armati, una madre dell’Asia Occidentale che ha avuto un figlio ucciso da un attacco terroristico, come una suora dell’Africa Orientale che ha visto morire una consorella. E infine giovani ragazze dell’Africa Australe, ancora attacchi di ribelli, ancora morti e violenze: Durante il tragitto uccisero molti uomini con proiettili o coltelli. Le donne le portarono in un parco. Ogni giorno eravamo maltrattate nel corpo e nell’anima. Spogliate di abiti e di dignit, vivevamo nude perch non scappassimo. Per grazia un giorno, quando ci mandarono a prendere l’acqua al fiume, riuscii a fuggire.
La preghiera finale suona come una speranza, nonostante tutto: Grazie, Signore Ges, per il perdono che hai offerto ai tuoi uccisori. Grazie, per avere sconfitto la morte. Grazie, per la luce che hai acceso nelle nostre notti e riconciliando ogni divisione ci ha reso tutti fratelli, figli dello stesso Padre che sta nei cieli.
7 aprile 2023 (modifica il 7 aprile 2023 | 20:39)
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