Giorni e notti in strada: un anno coi senza dimora di Rovereto
Sono una sessantina le persone marginali che vivono stabilmente nel capoluogo lagarino
Luca Marsilli
ROVERETO. Vivono ai margini della nostra società e in qualche modo anche ai margini della loro esistenza di esseri sociali, attorno al filo sottile tra una situazione di disagio che si subisce ma figlia di elementi contingenti e reversibili, e la deriva in un disagio come condizione definitiva dell’esistenza. Una marginalità che si autoalimenta e schiaccia l’individuo riducendolo ai suoi bisogni essenziali. Molto di loro sono alcolisti, una condizione che spessissimo si accompagna alla vita di strada. Altri sono tossicodipendenti. Con la differenza che mentre quasi sempre la tossicodipendenza è causa dell’emarginazione, l’alcolismo ne è invece spesso una conseguenza.
È una città parallela, con i suoi riti e i suoi luoghi, le sue regole e i suoi bisogni, quella che a chiusura di un anno di esperienza della sua «Unità di strada» ha tratteggiato Davide Mayr, responsabile e coordinatore del progetto. Tre persone, due uomini e una donna, che per un anno hanno frequentato i luoghi fisici e temporali dei senza fissa dimora: le notti nei relitti industriali e nei palazzi abbandonati, ma anche in alcuni garage interrati e sottoscala condiminiali; le giornate spesso in gruppo, nei luoghi più in vista della città pubblica. In un anno, 157 uscite notturne e 170 diurne, che hanno permesso loro di contattare 156 persone diverse. Una sessantina delle quali ritrovate con regolarità tale da poterle far ritenere «stanziali» su Rovereto e dintorni. Gli altri sono stati classificati come ospiti temporanei della nostra zona, quando non solamente di passaggio.
In gran parte sono uomini: 135. Ma 21 donne non sono un numero irrilevante: si tratta in realtà nella maggior parte dei casi di componenti di coppie, quasi tutte di nazionalità romena, che vivono assieme la marginalità. Spostandosi su camper o furgoni, ma anche frequentando i rifugi classici dei senza dimora. Molto meno inclini della media a accettare il sostegno delle strutture assistenziali, come i dormitori almeno per la stagione invernale, proprio perché non prevedono soluzioni di coppia ma la separazione tra uomini e donne. E queste coppie non si vogliono separare, temendo di non essere poi messe nelle condizioni di tornare a unirsi.
Quanto alla nazionalità, il «popolo della strada» di Rovereto è molto articolato. Gli italiani sono maggioranza, anche se solo relativa: 45 uomini e 5 donne. Forte è la rappresentanza africana, sia dal mondo arabo che da quello subsahariano, e quella dell’Est europeo. Molto meno gli asiatici: un fenomeno recente, di immigrazione dalla rotta balcanica e soprattutto di pakistani, che in Trentino gravita esclusivamente su Trento: il centro amministrativo e il luogo nel quale devono coltivare le pratiche per il riconoscimento di diritto di asilo o permesso di soggiorno. I senza dimora roveretani anche se stranieri, sono effetto di migrazioni più datate. Persone che hanno perso il posto che avevano nella nostra società, non che arrivano ora e ne cercano uno. «In un anno – sottolinea l’assessore Mauro Previdi – 14 di loro hanno lasciato la strada per rientrare nella vita comune, con un lavoro o soluzioni abitative stabili. Un risultato importante, di cui siamo orgogliosi».