Due loculi a non molta distanza l’uno dall’altro, negli intercolumni della parte nuova confinanti con i corrispettivi dell’area principale del Cimitero monumentale. Rintracciati e tolti all’oblio dei contemporanei perché, almeno di tanto in tanto, la polvere del tempo venga soffiata via.
Si tratta di personaggi che fecero storia nel XX secolo veronese, don Adolfo Bassi e Spartaco Paganini. Il primo in maniera più incisiva con tanti anni d’apostolato ed il secondo in modo sinistramente effimero giorni dopo l’entrata degli alleati a Verona.
Don Adolfo Bassi
Don Adolfo Bassi fu, come recita l’epigrafe sulla parca lapide della sua tomba, “arciprete di Sant’Anastasia” (N. 20.9.1876 M. 25.4.1957), della parrocchia, cioè, attorno alla basilica di Sant’Anastasia, pregevole struttura in stile gotico iniziata nel 1290 dopo l’insediamento dell’Ordine dei Domenicani e con l’aiuto economico dei Della Scala e della famiglia Castelbarco, dedicata al domenicano San Pietro da Verona o Martire (al secolo Pietro Rosini, Verona, 1205 ca – assassinato a Seveso-Barlassina, 6 aprile 1252) e consacrata solennemente nel 1471. Mantenne, comunque, la devozione ad Anastasia di Sirmio (Roma, III sec. – Sirmio, oggi Sremska Mitrovica in Serbia, 25 dicembre 304, martire cristiana del IV secolo) d’una chiesetta preesistente.
Utili informazioni sulla figura del parroco si ricavano dalle quattro facciate intitolate “A Don Adolfo Bassi Numero unico della parrocchia di S. Anastasia in occasione del 25° di ministero parrocchiale del proprio arciprete Nob. Cav. Don Adolfo Bassi (1922 – 1947)” di cui una riproduzione è conservata nel mio archivio. Tra tante lodi alla sua opera e notizie sulla basilica, la prima pagina riporta note biografiche.
“Nacque in Verona il 20 settembre 1876 nella Parrochia di San Silvestro.
Il padre si chiamava Antonio, nacque a Portogruaro dal Nob. Pietro Bassi giudice al Tribunale di Padova. Il Padre dell’Arciprete percorse pure la Magistratura. Fu pretore per 14 anni al Dolo quindi fu promosso Giudice al Tribunale (ora soppresso) di Legnago e poi a Verona quale Cavaliere Vice Presidente del Tribunale. Il figlio Adolfo studiò al Ginnasio Stimmate e poi fece il Liceo e la Teologia nel nostro Seminario. Quantunque la famiglia abitasse per parecchio tempo a S. Nicolò poi in Riva S. Lorenzo, Adolfo sempre frequentò la Chiesa di S. Anastasia nella quale fu istruito per il Sacramento della Cresima e fu ammesso nel 1889 alla prima Comunione.
Vestì nella medesima Parrochia l’abito Clericale il 19 Marzo del 1900 e venne ordinato Sacerdote nell’Agosto del 1902 celebrando nella medesima Chiesa la prima Messa solenne nella festa dell’Assunta. Venne assegnato quale Cooperatore a S. Maria in Organo dove rimase fino al 1910. Quindi fu trasferito quale Cooperatore a S. Anastasia. Il 5 dicembre 1916 venne nominato con Bolla, Vicario con diritto di successione del compianto M. R. Alberico Andrioli. Il 4 Maggio 1922 fu insignito dell’onorificenza di Cavaliere ufficiale della Corona d’Italia. Nel Settembre fu promosso Parroco di S. Anastasia. Nel 1920 aveva avuto anche un encomio solenne dall’Ordinariato Militare e dal Municipio Socialista di Verona”.
Ed in quanto, appunto, a “Don Bassi Cavaliere”, sotto si legge.
“Fu in data 4-5-2022 che si ebbe il decreto reale. Luigi Rossi, veronese, allora Ministro della Giustizia, si affrettò a comunicare la notizia in data 6 maggio 1922 a Don Bassi allora ancora curato ed economo dopo la morte del compianto Mons. Alberico Andreoli, suo predecessore nel quarantennio 1882 – 1922.
La causale fu l’eroico comportamento del giovane curato di S. Anastasia, circa sette anni prima, il famoso 14 novembre 1915.
Era domenica: allarme, fuggi fuggi, aeroplani che sganciano proprio su Piazza Erbe: 35 vittime, maciullate sotto i portici della Loggia del Mercato.
Don Bassi accorse, unico. Tornò a casa con la veste insanguinata: non parlava: era tutto tremante di orgasmo.
Il 14 novembre 1926, undici anni dopo, toccò a lui benedire e tenere il discorso per l’inaugurazione del monumento nella piazzetta 14 Novembre, lato sud di Piazza Erbe”.
(Riguardo al bombardamento aereo menzionato, si consulti https://ilgiornaledeiveronesi.it/ rubriche/verona-ricorda/verona-ricorda-14-novembre-1915-strage-in-piazza-erbe-per-le-bombe-di-aerei-austro-ungarici/).
Alla memoria del parroco di Sant’Anastasia è stato intitolato (ed è andato avanti per decenni) un Premio della bontà voluto e curato dal Circolo “Amici di don Bassi” che invitava a segnalare casi esemplari e silenziosi d’altruismo, di solidarietà e di volontariato veronesi.
Spartaco Paganini
Una drammatica vicenda umana è quella di Spartaco Paganini, il cui marmo tombale sintetizza: “Spartaco Paganini / N. 8.7.1911 M. 5.5.1945 / Volontario della libertà / caduto tragicamente / nel secondo Risorgimento della Patria / La moglie il piccolo Giorgio / La mamma i fratelli e tutti i suoi cari / ne piangono la fine immatura”.
Il 5 maggio 1945 faceva parte dei circa 5mila partigiani che avevano sfilato per le vie di Verona per poi accedere all’interno dell’Arena a consegnare le armi in dotazione alla presenza di esponenti del comando alleato, tra cui il maggiore generale Edgar Erskine Hume della 5^ Armata americana ed il maggiore James M. Blackwell, governatore militare alleato di Verona.
Una cerimonia voluta per scongiurare il proseguimento di atti di vendetta ed uccisioni arbitrarie togliendo alla massa di ex combattenti (o presunti tali) quante più armi possibile. Anche se, come poi affermò il comandante partigiano comunista Romano Marchi, l’evento interessò “una ammucchiata di ferri vecchi, fucili arrugginiti, qualche parabellum e mitragliatori fuori uso” mentre le armi ben funzionanti “quelle strappate a tedeschi e fascisti nelle azioni corpo a corpo, finiranno sotto terra, in attesa della famosa ora X (quella della cosiddetta insurrezione comunista, n.d.a.) e saranno recuperate negli anni a venire dai carabinieri”. Infatti, nonostante il disarmo-show in Arena, la cronaca ufficiale e quella sottobanco continuò a riferire pure in seguito di irruzioni, prelevamenti, ruberie, violenze. E di omicidi con armi detenute o nascoste illegalmente.
Del resto, già la cifra sbandierata di 5mila partigiani veronesi sarebbe un’esagerazione. In una conferenza stampa, il governatore militare alleato James M. Blackwell aveva reso noto che le commissioni incaricate di vagliare le qualifiche di partigiano e di patriota erano riuscite ad accertare 935 persone combattenti veramente in guerra ed a cui andava il titolo di partigiano. Ad altri 2.231 individui era stata attribuita la qualifica di patriota in quanto collaboratori, secondo diverse modalità, alla liberazione dal nazifascismo. A questi si dovevano aggiungere i 227 deceduti in combattimento ed i 146 feriti in azione. Tutti avevano ricevuto sussidi e premi in denaro per un totale di 13 milioni di lire dell’epoca (come parametro, nel settembre 1945 la copia d’un giornale costava una lira). Secondo l’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), invece, erano 2.287 quelli che erano stati riconosciuti come partigiani, 449 i caduti e 185 i feriti.
Non si sa se Spartaco Paganini facesse parte dei partigiani documentati. La nuda cronaca riferì che, mentre un militare americano provvedeva ad accatastare le armi che gli venivano consegnate, partì involontariamente un colpo da qualcuna ancora carica che, purtroppo, causò la morte di Paganini. Una brutta fine a “secondo Risorgimento della Patria” concluso…
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi