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Un triestino alla guida del più grande centro di criomicroscopia elettronica del mondo: la storia di Alex De Marco 

MELBOURNE – Si prepara a dirigere il centro di microscopia elettronica più grande del mondo, a New York, dopo essere stato per otto anni in Australia come professore associato alla Monash University di Melbourne. Eppure, nonostante le meritate soddisfazioni, sente ancora la mancanza di un ‘toch’ a Barcola. E’ la storia di Alex De Marco, triestino laureato all’Università di Trieste, e poi richiesto all’estero da grandi enti di ricerca, seguendo una strada che era all’epoca semi deserta: quella della criomicroscopia elettronica. Il termine indica un tipo di microscopia a trasmissione in cui il campione viene studiato a temperature criogeniche (quelle dell’azoto liquido). 

Alex lascia Trieste a 25 anni per un dottorato all’EMBL di Heidelberg (il Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare) in cui si specializza in criomicroscopia elettronica. “In quel periodo – spiega – il campo era di nicchia, i gruppi di ricerca erano pochi e all’epoca studiavo la maturazione del virus dell’HIV. Dopo il dottorato mi sono allontanato un po’ dalla vita accademica e mi sono mosso verso l’industria. Ho trovato lavoro come product manager per la FEI, azienda leader nel settore dei microscopi elettronici. Un lavoro che mi ha portato a viaggiare molto e non era compatibile con la vita familiare”. A quel punto, dall’altra parte del globo, si presenta la grande occasione e a soli 32 anni lo scienziato triestino diventa professore associato all’Università di Monash. Così, insieme alla figlia e alla moglie (scienziata come lui), decide di spiccare il volo verso la terra dei canguri. 

Qui De Marco inizia il suo lavoro nell’ambito della criomicroscopia e del molecular imaging, con l’intento di migliorare le analisi dei processi cellulari. Queste strumentazioni sono in grado di ‘fotografare’ le molecole all’interno di una cellula o tessuto biologico congelato a velocità molto elevata, passando dai 37 gradi della temperatura corporea alla temperatura dell’azoto liquido (-190 gradi) in meno di due millisecondi. Questo tipo di congelamento consente a tutta l’acqua presente di diventare solida e ‘vitrea’, senza aumentare di volume e formare cristalli di ghiaccio come succede nel congelamento convenzionale. 

“Usiamo questo procedimento per guardare le molecole alla base della vita, quali le proteine o l’RNA – racconta lo scienziato – e vedere qual è la loro struttura e come interagiscono a risoluzioni inferiori al nanometro (un migliardesimo di metro). Al momento è possibile farlo solo quando le proteine sono isolate ed è estremamente difficile farlo nell’ambiente nativo, ovvero quando sono dentro la cellula. Nel nostro laboratorio riusciamo a farlo abitualmente”. 

Una metodologia che si è rivelata fondamentale durante il Covid: “all’epoca, nel giro di qualche mese la struttura della proteina Spike, importantissima per la produzione dei vaccini, è diventata disponibile ed è stato possibile studiare la biologia del virus ad una velocità incredibile. Sapere che forma ha la proteina di interesse permette di ‘disegnare’ farmaci, ottimizzare i vaccini e migliorarne la risposta”. Questi procedimenti sono molto utili anche nello studio degli anticorpi e si sono rivelati determinanti anche nella realizzazione del vaccino anti ebola, di farmaci di ultima generazione per l’HIV e svariate altre applicazioni. L’obbiettivo del nostro lavoro, spiega Alex, è quello di condividere il metodo per facilitare la ricerca in ambito globale: “raramente brevettiamo le nostre scoperte, per noi il successo si misura in quanti laboratori potranno fare domani quello che noi siamo in grado di fare oggi”. 

La nuova opportunità di De Marco, oggi, si chiama Simons Electron Microscopy Center, il centro di microscopia più grande del mondo, che lo ha fortemente voluto come direttore. Mentre parliamo al telefono, Alex sta impacchettando quasi otto anni di vita in Australia per affrontare una nuova sfida, gestire un centro dotato di attrezzature che non hanno eguali nel mondo. Tra questi il microscopio Titan, del valore di 4 – 5 milioni “i grandi centri di solito ne hanno due o raramente tre, noi ne abbiamo sette, in un parco di 15 microscopi di ultima generazione. Il nostro team è formato da 45 persone, mentre di solito questi centri sono al massimo di otto persone”, spiega il neo direttore. Questo centro offre un servizio a tutto il Nordamerica, provvedendo a dare accesso e formazione, fornendo un servizio a tutta la comunità. 

Eppure, in tutta questa grandezza microscopica, Alex De Marco ha un piccolo rimpianto, un ricordo di quando era ragazzo: “mi manca il rituale del ‘toch a Barcola’. Trieste ha una geografia che non ho trovato da nessun’altra parte con mare e monti così vicini. Una cosa tipica di Trieste è ad esempio il fatto di andare al mare in assoluto relax dopo il lavoro è molto diverso dal modo in cui si vive il mare a Melbourne, dove bisogna organizzarsi per tempo e per lo più nel fine settimana”. 

Anche se i cervelli in fuga sono una realtà, Alex ha conservato stima e propositività verso il mondo della ricerca a Trieste e in Italia, dove “la ricerca è di altissima qualità malgrado i pochissimi fondi, se si guarda all’output per euro speso la qualità è incredibile”. In particolare, spiega lo scienziato, “anche a Trieste sta per arrivare un centro di microscopia, per questo progetto è stato chiesto supporto a me e ad altri tre italiani esperti del settore”. Purtroppo nessuno di questi, come è facile immaginare, sta attualmente lavorando in Italia. 

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