Il governo Meloni attiva il golden power su Tim, ovvero la possibilità per l’esecutivo di bloccare offerte ritenute non conformi agli interessi nazionali in relazione alla strategicità dell’azienda. A Tim fanno capo diverse divisioni che possono ricadere sotto questa definizioni, tra queste Sparkle, società che gestisce le dorsali oceaniche in fibra ottica che collegano diversi paesi del Mediterrano con il continente americano e su cui transitano dati sensibili. Nel comunicato diffuso dal governo si legge che “Il Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, ha deliberato l’esercizio dei poteri speciali, sotto forma di prescrizioni, in relazione a un’operazione notificata da società del settore delle telecomunicazioni”.
Il riferimento è al fondo statunitense Kkr che intende acquisire una partecipazione in Netco, la newco che nascerà dalla separazione della rete di Tim, ovvero tutta la rete fissa, primaria e secondaria, le attività wholesale domestiche e quelle internazionali (Sparkle). Kkr valuta Netco 20 miliardi di euro. Nella sua proposta ha fatto anche sapere di essere disposta a investire 7 miliardi per lo sviluppo della rete. I primi azionisti di Tim sono però i francesi di vivendi che detengono il 23,7% del capitale e che non intendono prendere in considerazione proposte al di sotto dei 31 miliardi di euro. Secondo azionista è invece Cassa depositi e prestiti, controllata del ministero dell’Economia, che detiene il 9,8% del capitale. Tuttavia tra la società e Kkr non è muro contro muro.
Lo scorso 24 febbraio il consiglio di amministrazione del gruppo tlc ha affermato che l’offerta di Kkr, è “apprezzata ma da migliorare”. Il cda ha quindi deliberato di “mettere a disposizione di Kkr – non in esclusiva – alcuni specifici elementi informativi e di richiedere le ulteriori indicazioni necessarie per comprendere a pieno gli assunti e gli economics della proposta” questo, spiega “con l’obiettivo di ricevere un’offerta migliorativa, in esito ai suddetti scambi informativi ed entro il termine del 31 marzo 2023″. Un’apertura che il fondo americano ha affermato di “accogliere con favore” aggiungendo di “essere pronto a dialogare con il board per cooperare nel rispetto degli obiettivi strategici di Tim” .
Ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alesso Butti ha detto che il tema di come si garantisce il controllo pubblico della rete “È oggetto della discussione in corso. Il presidente del Consiglio è stato estremamente chiaro e il programma è chiaro: occorre il controllo pubblico, che non è la statalizzazione. Quando leggo questo mi viene da ridere”. Quanto a una eventuale unione con Open Fiber (controllata al 60% Cdp e al 40% dal fondo australiano Macquaire, ndr) Butti ha sostenuto che “a livello tecnologico si possa fare tutto. In che tempi non si può sapere, dipende dalla scelta e dalla soluzione che gli stakeholder prenderanno”. Secondo alcune indiscrezioni proprio Cdp e Macquaire starebbero lavorando ad un’offerta concorrente rispettoa quella Kkr e che valorizza l’asset 23 miliardi di euro, 2 miliardi in più ma ancora al di sotto delle pretese francesi.