“Non nascondiamocelo: in Israele è messo in discussione il diritto a esistere e a difendersi, non è accettabile dal punto di vista morale e geopolitico. Il Piano Mattei? Strategico, nella consapevolezza che è necessaria una cooperazione non predatoria. L’Italia? Collegamento naturale fra le varie culture, esigenze e le differenti sensibilità”. Conversazione con il vicepresidente del Copasir
Mentre la polizia israeliana starebbe valutando l’ipotesi che i fatti Tel Aviv non siano terrorismo, così come riferito dal comandante della polizia di Tel Aviv, Ami Eshed, secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, l’occidente si interroga su come il momento di straordinaria tensione dato da guerra in Ucraina, crisi del grano e ripresa del conflitto israeliano-palestinese possa influire sull’area mediterranea e mediorientale.
Secondo Giovanni Donzelli, vicepresidente del Copasir e parlamentare di FdI, al di là di come evolveranno le indagini sull’episodio di Tel Aviv, le zone del Sahel e dell’Africa presentano una crescita importante del fondamentalismo. “Sicuramente nel caso di Hamas e Israele – dice a Formiche.net – vi sono anche delle peculiarità ancora più gravi perché lì è messo in discussione il diritto a esistere di Israele e a difendersi: non è accettabile dal punto di vista morale e geopolitico”.
Hamas e la Jihad islamica hanno definito “un’operazione di alto livello” l’attacco di ieri commesso da un arabo-israeliano sul lungomare di Tel Aviv, in cui ha perso la vita un cittadino italiano: quale la posizione del governo?
Vicinanza alla famiglia di Alessandro Parini e vicinanza allo stato israeliano che, per l’ennesima volta, si vede minacciato e ferito nel proprio cuore e condanna inequivocabile a qualsiasi forma di terrorismo. Attendiamo comunque i risultati delle indagini dei servizi israeliani.
Giorgia Meloni, che solo pochi giorni fa ha ricevuto Netanyahu a Palazzo Chigi, ha parlato di vile attacco. Crede che il fondamentalismo islamico stia approfittando della guerra in Ucraina per tornare a colpire?
Purtroppo il fondamentalismo islamico non ha mai smesso di colpire e non ha mai smesso di rafforzarsi. Se guardiamo a tutte le zone del Sahel e dell’Africa osserviamo aree con una crescita importante del fondamentalismo. Sicuramente nel caso di Hamas e Israele vi sono anche delle peculiarità ancora più gravi, perché lì è messo in discussione il diritto a esistere di Israele e a difendersi: non è accettabile dal punto di vista morale e geopolitico.
Anche alla luce di quello che stanno facendo attori importanti come l’Iran e la Wagner in Africa, come nella pratica potrebbe influire il Piano Mattei?
E’ necessaria una cooperazione non predatoria, ciò potrà portare a rafforzare i singoli Stati e le istituzioni, con tentativi di percorsi democratici o comunque laici che si stanno svolgendo. Inoltre questo potrà consentire anche un freno al fondamentalismo islamico e al terrorismo che si nutrono della povertà e delle situazioni di marginalità sociale. Ma nel caso Israele, accanto a questi fenomeni di carattere internazionale, è presente anche un antisemitismo strisciante che si nasconde con le rivendicazioni territoriali: in realtà c’è anche un un razzismo di fondo nei confronti dello Stato ebraico che va combattuto con forza.
Come impatta la politica del governo italiano nel Mediterraneo in questo scenario?
Non dobbiamo farci condizionare dalle varie proteste che possono esserci, perché spesso quando manca la razionalità si arriva a festeggiare per le primavere arabe, come è successo in passato, per scoprire solo dopo che non hanno portato né stabilità né benessere. Quindi si rende necessaria un’azione geopolitica che tenga conto della strategia internazionale: l’Italia la porta avanti mettendo al centro gli interessi nazionali. Non dobbiamo mai dimenticarci che è fondamentale provare a tenere un equilibrio che consenta alle nazioni in via di sviluppo di poter crescere con più solidità possibile.
Troppe volte abbiamo visto un Occidente che cercava di trarre vantaggi immediati dallo sfruttamento di altre nazioni più povere. Da parte nostra c’è la consapevolezza di un ruolo responsabile dell’Italia, che è una nazione al centro del Mediterraneo e quindi ha tutte le carte in regola per svolgere un ruolo da protagonista. Mi riferisco al suo essere collegamento naturale fra le varie culture, tra le varie esigenze e le differenti sensibilità. Il Mediterraneo può essere nei prossimi anni o la culla della serenità e del benessere, o il centro di tensioni internazionali. Sta a noi rendercene conto e porre la massima attenzione ai confini meridionali dell’Europa.
@FDepalo