Visita di Tajani in Libano per incontri con la leadership di Beirut e i contingenti italiani schierati a sostegno della sicurezza e dello sviluppo del Paese. Per la partnership italo-libanese, il ruolo della diplomazia militare e delle attività tecniche svolte dal personale militare italiano è fondamentale
“L’Italia vuole tornare ad essere il primo partner economico e commerciale del Libano al quale ci lega una grande amicizia”, è questo il messaggio con cui il ministro degli Esteri Antonio Tajani è arrivato questa mattina a Beirut, nell’ambito di un tour che ha visto il governo italiano muoversi verso scenari critici e delicati in cui sono impegnati i contingenti militari col Tricolore. In contemporanea è partito il ministro della Difesa Guido Crosetto in direzione “Fianco Est Nato” – visite in Lettonia, Romania, Ungheria e Bulgaria – mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata in Iraq.
Le tre visite toccano tre metaforiche — ma anche geografiche — sponde del Mediterraneo allargato, con la presenza in Europa orientale parte delle attività da compiere anche in ottica Balcani, e quella a Baghdad cruciale perché centro dinamico e dinamizzato di una regione determinante per il futuro europeo, dunque italiano, come il Golfo. Il Libano allo stesso modo è la Levante, affacciata sulla porzione orientale del Mare Nostrum dove l’Italia è parte di una serie di dinamiche geopolitiche che ruotano attorno anche a nuove scoperte di reservoir di idrocarburi che sono e saranno aliquote rilevanti della sicurezza energetica dell’Europa.
Tajani ha avuto vari incontri con la leadership di Beirut, con cui l’Italia ha un dialogo aperto e focalizzato anche nello spingere il Paese verso le riforme richieste dal Fondo monetario internazionale per avviare nuovi programmi di assistenza, ma anche dai cittadini stessi – che da anni lamentano il distacco tra gli interessi dell’establishment e i reali problemi del Paese. Il Libano è in condizioni economiche pessime, e questo rende il contesto interno un potenziale centro di esplosione per destabilizzazioni di carattere regionale (la storia insegna, d’altronde).
In particolare, è preoccupante il ruolo svolto da Hezbollah, partito/milizia collegato a doppio filo con i Pasdaran iraniani e incrostato al potere (e dunque anche a parti del corpo sociale) libanese, noto per posizioni estremiste sciite. Nelle ultime evoluzioni, l’apertura offerta dall’organizzazione (anche se in forma altamente pragmatica) sulla vicenda dell’accordo marittimo israelo-libanese di pochi mesi fa, è stato un segnale parziale quanto positivo. Dimostrazione che (dato che sull’accordo pesa lo sfruttamento di alcuni giacimenti) da dinamiche specifiche connesse anche al mondo energetico, possono nascere spunti più ampi.
Tajani, come usanza, ha anche visitato la Missione militare bilaterale italiana in Libano (Mibil): “I nostri militari […] rappresentano un modello addestrativo di successo. Uomini e donne che dimostrano il loro valore sul campo, guadagnandosi il rispetto del popolo libanese. Il governo vi è grato per ciò che fate”. La Mibil si inquadra nel più ampio contesto delle iniziative dell’International Support Group for Lebanon (Isg), che si muove in ambito Onu col fine di dare sostegno al Libano in quanto uno dei Paesi più colpiti dal conflitto siriano.
Mibil è composta da 160 militari (più sette unità terrestri e una navale) che forniscono formazione al personale libanese in un contesto dove l’acquisizione di una maggiore capacità securitaria per le forze locali è fondamentale. Allo stesso modo, sebbene con compiti specifici diversi, lavora Unifil, missione di peacekeeping onusiana lungo la fascia di contatto meridionale tra Libano e Israele, a cui l’Italia contribuisce con 1055 effettivi a cui il titolare della Farnesina ha portato il Buon Natale. La missione di Unifil, a lungo guidata da ufficiali italiani come il generale Stefano Del Col, è essenziale nel complicato gioco di (des)equilibri che contraddistingue quella regione libanese, dove Hezbollah è molto attiva nel difendere i propri interessi e le tensioni sono altissime (come dimostra la recente vicenda tragica che ha coinvolto alcuni Caschi Blu).
Per la partnership tra Italia e Libano, il ruolo svolto da questi contingenti è importantissimo, perché permette applicativi tecnici e diplomazia militare. Roma e Beirut hanno rilanciato durante la visita di Tajani attività di cooperazione sul sostegno alla gestione dei rifugiati (tanti arrivati dal conflitto siriano), dell’economia locale e degli investimenti e appunto delle forze armate.