Il ministro ha incontrato la vicesegretaria di Stato americana. I due hanno sottolineato “la nostra opposizione agli sforzi unilaterali per cambiare lo status quo nello Stretto”. Ecco le ragioni di questa novità
Wendy Sherman, vicesegretaria di Stato degli Stati Uniti, ha incontrato martedì Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano. I due, recita una nota della diplomazia americana, “hanno discusso dell’ulteriore approfondimento della nostra alleanza per affrontare le sfide globali, tra cui la sicurezza energetica e la nostra opposizione agli sforzi unilaterali per cambiare lo status quo nello Stretto di Taiwan”. Inoltre, hanno “sottolineato l’importanza di un sostegno unitario all’Ucraina di fronte ai crudeli attacchi della Russia contro la popolazione e le infrastrutture del Paese”. Tema già al centro della conversazione della vicesegretaria Sherman con gli studenti Luiss tenutasi martedì pomeriggio.
L’incontro con il ministro (il cui omologo statunitense è Antony Blinken, segretario di Stato) non era nell’agenda iniziale di Sherman. La numero due della diplomazia americana è impegnata in una missione diplomatica di una settimana in Europa. Il programma diffuso prima della partenza prevedeva incontri a Roma con gli ambasciatori Francesco Talò, consigliere diplomatico del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ed Ettore Sequi, segretario generale della Farnesina.
Dopo l’incontro, ieri il ministro Tajani aveva pubblicato un tweet spiegando i temi del “positivo” faccia a faccia: “Continuare gli sforzi per aiutare l’Ucraina. Bene l’unità dell’Occidente per raggiungere una pace giusta. L’amicizia con gli Usa un pilastro della nostra politica estera. Lavoriamo insieme per stabilizzare Balcani e Libia”.
Confrontando la nota e il tweet emerge una novità nella relazione bilaterale: Taiwan. Che porta con sé il rapporto con la Cina. A margine del G20, i presidenti statunitense Joe Biden e cinese Xi Jinping hanno concordato di mantenere linee di comunicazione aperte per gestire la competizione tra grandi potenze. Ma ci sono molti temi su cui le posizioni sono distanti. Taiwan è una di quelle, con gli Stati Uniti impegnati in una strategica deterrenza per evitare modifiche allo status quo, che siano in senso pro Cina o pro indipendenza di Taiwan.
Per quanto l’Italia appaia (ancora?) lontana da un impegno militare nell’Indo-Pacifico, Roma rappresenta per Washington un alleato anche in questo caso. Sia per i buoni rapporti con l’Asean, sia all’interno della competizione tra superpotenze e dello scontro tra modelli (democrazie contro autocrazie) su gli Stati Uniti stanno adottando un approccio multilaterale fondato sulla condivisione di valori che l’invasione russa dell’Ucraina e l’assertività cinese hanno consolidato ulteriormente.
Le mosse sul caso delle “stazioni di polizia” cinese e sul rinnovo del memorandum d’intesa con la Cina sulla Via della Seta da decidere entro fine 2023 saranno due test cruciali per i rapporti transatlantici in cui i valori condivisi stanno riacquisendo centralità.