CASTELFRANCO – Martedì 13 dicembre alle 18.30 nel Teatro Accademico di Castelfranco Veneto la cantante Donatella Rettore presenta la sua biografia “Dadauffa. Memorie agitate”. L’inarrestabile popstar si racconta, nel tempio della cultura della sua città, insieme a Maria Luisa Frisa, professoressa ordinaria dell’Università IUAV di Venezia e lo farà attraverso le pagine del suo libro, edito da Rizzoli. La serata è organizzata in collaborazione con la Torre di Libri. Ma ecco come l’editore ha deciso di presentare la biografia della cantante che negli ultimi anni sembra rivivere una seconda primavera, nella sua carriera artistica.
«“È sicuro che questa vita, per come la conosciamo, finirà. Mi piace credere che la Rettore sia stata un puntino di colore nel grigio, uno spillo che ha bucato vecchie idee sottovuoto. È in un giorno qualunque, un giorno di una normalità quasi miracolosa, che ho pensato intensamente alla morte. Prima no. Ero troppo impegnata a saltare gli ostacoli. Non mi sono mai sentita meglio, per questo mi è venuta voglia di fare un’immersione nell’oceano esistenziale.”
Ed è così, in questo giorno qualunque, che Donatella, Dada, Rettore, donna dalle infinite anime e incarnazioni sul palco e giù dal palco, si ritrova a pensare alla morte e quindi alla vita. Riavvolgendo il nastro dal principio, dall’infanzia castigata – con la mamma Teresita, attrice goldoniana, che rifiuta la sua passione per le canzonette e la manda in collegio dalle suore Dorotee – agli esordi con la Nuova Compagnia di Canto Popolare; dal primo Sanremo al trionfo internazionale con Lailolà; dai brani di denuncia sociale a Splendido splendente, Kobra, Lamette, canzoni e rappresentazioni che hanno costruito un immaginario inimitabile; dalle collaborazioni con Elton John, gli incontri con David Bowie e George Michael, a tutti i grandi successi che l’hanno portata a vendere quasi 30 milioni di dischi in tutto il mondo.
Il modo che ha Rettore di approcciarsi al tema – alla vita e quindi alla morte – è dissacrante, beffardo, poetico, profondo, circondata com’è dagli oggetti che hanno segnato la sua esistenza e che adesso, come il bagaglio di un faraone, innescano ricordi e memorie ora felici ora più buie, ora ineludibili ora sorprendenti. Spiccano una specchiera (“ha delle macchie color ruggine, quando ti ci guardi sembri avere degli ematomi in viso, ma io ci sono affezionata perché qui si è riflesso ogni giorno il viso di mia madre”), il diario di prigionia di un commilitone del padre Sergio, un bastone da pastore, regalo di Lucio Dalla con il consiglio «Mena, ragassa!». Dada Uffa è un collage, un mosaico, un domino. Un’autobiografia unica da leggere e rileggere tutta d’un fiato».