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“Opzione donna”, discriminazione ingiustificata in qualsiasi variante – Marco Faraci

Uno degli aspetti in cui il nuovo governo si sta muovendo in modo meno convincente è quello delle modifiche al sistema pensionistico.

Per quanto l’Esecutivo sembri aver capito che qualcosa non quadra nell’anticipo pensionistico per le donne – la cosiddetta “opzione donna” – ad oggi la sensazione è che manchi il coraggio politico di affrontare in pieno la questione.

Il fatto è che, oggettivamente, “opzione donna” rappresenta un’ingiustificabile – e ragionevolmente incostituzionale – discriminazione nei confronti dei lavoratori maschi.

Questa discriminazione è peraltro aggravata, sul piano sostanziale, dalla minore aspettativa di vita degli uomini – quasi cinque anni – che semmai dovrebbe far ragionare sull’opportunità di concedere proprio agli uomini un pensionamento anticipato, per consentire loro di avere un ritorno pensionistico più adeguato rispetto ai contributi versati.

L’approccio del governo Meloni

Alcune delle proposte del centrodestra tendono a circoscrivere la possibilità di accesso ad “opzione donna” per trasformarlo da un generico “privilegio di genere” ad un elemento di compensazione di alcune circostanze specifiche che una parte delle donne si trovano ad affrontare.

Anche questo approccio, tuttavia, lascia perplessi. Ad eccezione del breve periodo di maternità obbligatoria, non c’è nessuna differenziazione istituzionale del ruolo dell’uomo e della donna nella famiglia su cui si possa fondare un trattamento pensionistico differenziato.

In particolare, risulta arbitraria l’assunzione a priori che gli oneri di accudimento diretto di bambini e anziani siano ricaduti sulle donne e non sugli uomini.

Verrebbe da dire, peraltro, che tale assunzione in qualche modo legittimerebbe un disimpegno degli uomini dalle responsabilità domestiche o, peggio ancora, “dà del fesso” agli uomini che si siano sacrificati per la famiglia e che non vedono poi il loro impegno ricompensato dal sistema pensionistico.

Il “donnismo” del Pd

Di fronte alla debolezza della posizione del centrodestra, il centrosinistra interviene sfoderando il “donnismo” più prevedibile e fa passare quello che comunque è un trattamento di favore riservato alle sole donne come una potenziale discriminazione delle donne sulla base del loro stile di vita (es. avere figli o no).

Per il centrosinistra la soluzione “equa” è includere, semplicemente, tutte le donne ed escludere, semplicemente, tutti gli uomini.

È abbastanza desolante, da questo punto di vista, come il Pd veda e consideri problematica una discriminazione “tra donne”, mentre non veda nessun problema che l’intero impianto di “opzione donna” sia palesemente e strutturalmente discriminatorio nei confronti di tutti i lavoratori maschi.

Riscoperto il sesso biologico

Ed è per molti versi significativo come i sostenitori più ideologici e chiassosi dell’uguaglianza di genere e degli “asterischi” riscoprano ad un tratto il sesso biologico, quando si tratta di difendere quello che è considerato un consolidato “diritto sindacale” del genere femminile.

La sensazione, purtroppo, è che alla fine la “generosità” pensionistica del centrosinistra costringa il governo a non essere da meno e a mantenere “opzione donna” nelle forme attuali.

Un approccio alternativo

Ovviamente non è la cosa giusta da fare. Quello che serve, tanto per un criterio di equità dei cittadini che per la salvaguardia dei conti pubblici, è rimuovere immediatamente ogni forma di discriminazione sessuale nell’accesso al trattamento pensionistico.

Altri tipi di questioni, come quelle legate all’accudimento di bambini e anziani, sono sicuramente serie e importanti ma vanno affrontati con altri strumenti, a disposizione sia delle donne che degli uomini, che facilitino la conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari.

È quello il terreno in cui bisogna muoversi per facilitare la partecipazione di entrambi i sessi al mondo del lavoro e per diminuire l’impatto degli oneri legati alla vita domestica – ed è su tali temi che il centrodestra deve provare a costruire una sua strategia per le “pari opportunità” alternativa ai consunti paradigmi del “sindacalismo rosa”.

Speriamo davvero che la maggioranza trovi il tempo e la motivazione per riflettere adeguatamente su questi argomenti, per non lasciarne la narrazione ad una sinistra che in questi ambiti ha già fatto abbastanza danni culturali.

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