di Francesco De Simone
“Un’esperienza interessante“. Così era solito chiosare il giovane Carmine P. quando nelle sue conversazioni con gli amici e i famigliari commentava un evento oppure una situazione appena vissuta che in qualche modo aveva catturato la sua curiosità.
Si perché Carmine, oltre ad essere un mio caro amico, era prima di tutto un ragazzo curioso, sempre assetato di sapere e conoscenza, e soprattutto era un ragazzo animato da un forte senso di giustizia e legalità, che lo aveva portato a seguire un percorso di studi giuridici. Il suo sogno era, infatti, quello di combattere le ingiustizie e contribuire a rendere migliore questo mondo.
Un sogno tristemente interrotto una sera di fine novembre, quando la vita gli è stata strappata sull’asfalto di una strada della periferia romana, nell’impatto con un’autovettura che proveniva in direzione opposta. Carmine stava andando in palestra a bordo del suo scooter. Poco prima di lasciare casa aveva dato appuntamento ad una sua amica per il giorno successivo. Non si sentiranno più. Destino o fatalità? Non lo sapremo mai.
Nel frattempo le indagini in corso chiariranno le dinamiche dell’incidente e le presunte responsabilità. Ma una cosa è certa. Nulla restituirà Carmine ai suoi affetti e nessuna sentenza potrà mai dare un senso a questo epilogo infausto. Perché non si può morire così a poco più di vent’anni. È contro la legge naturale, è contro quel comune senso che nemmeno riconosce un aggettivo con cui appellare un genitore che perde il proprio figlio.
Eppure la storia di Carmine è quella di tanti giovani che ogni giorno, specie nel fine settimana, perdono la vita sulle strade delle nostre città. Secondo un rapporto Aci- ISTAT, nel 2021 le vittime di incidenti sono state 2.875. Un numero impressionante, paragonabile a quello delle vittime delle Torri Gemelle, evento che ha cambiato gli equilibri mondiali e per certi versi, il nostro modo di percepire la sicurezza.
Ma la mattanza delle strade sembra non impressionare. Ciò che impressiona invece è l’assuefazione con cui seguiamo queste notizie ai telegiornali. Non ci stupiamo più. Non ci turbiamo più. Altrimenti non si spiega il perdurare della cattiva abitudine di guidare sotto gli effetti dell’alcool oppure con il telefonino tra le mani, e se non bastasse si confondono le strade di città con le piste di un autodromo. Quanti altri morti dovremo seppellire prima di fermare tutto questo?
Forse è proprio questo il messaggio che Carmine lascia a tutti noi: iniziamo dai piccoli comportamenti quotidiani per provare a cambiare questo mondo e cercare di renderlo migliore. Guidiamo in modo responsabile sempre. Servirà a salvare le vite di altri figli. Forse a Carmine sembrerà una cosa giusta e interessante. Chissà.