Di ieri il passaggio di Meloni a Tirana per parlare della rotta balcanica. Meloni ha incontrato il primo ministro Edi Rama ma anche il serbo Vucic, con cui ha avuto uno scambio sulla guerra. Ai giornalisti ha detto: “L’Italia è stretta in una tenaglia.”
“Per noi è importantissimo il tema della rotta balcanica. Per la prima volta la commissione europea ha messo il tema della rotta mediterranea come prioritario“. La posizione del governo è infatti rimasta immutata riguardo alla questione delle navi ONG, ribadendo la necessità di instaurare un dialogo multilaterale per arrivare a una soluzione. Ha citato a riguardo le visite recenti di Crosetto a Belgrado e a Pristina, in uno scenario balcanico che va complicandosi in seguito alla guerra in Ucraina, la presa di posizione della Serbia, e l’accesso del Kosovo in UE, di cui si dovrebbe discutere entro la fine dell’anno. In questa forbice ideologica la posizione di Meloni è molto importante.
La gestione dei confini è al centro della questione. Dopo l’incontro di ieri in Albania, la premier si confronterà con gli altri leader europei il 9 dicembre in Spagna.
Oltre alla questione migratoria, i temi della giornata sono stati: la questione del roaming, della cybersicurezza e dell’energia. Temi scottanti in Albania, che lasciano intendere che il nuovo governo ha la volontà di tornare a giocare un ruolo economico e politico importante; l’Italia ha sempre avuto un rapporto speciale con l’Albania, una “storia di amicizia e collaborazione tra Italia e questi Paesi“, ricordata da Meloni stessa nelle sue dichiarazioni.
I Paesi hanno cooperato all’inizio del millennio sulla questione della sicurezza. I carabinieri italiani hanno gestito diverse missioni antimafia e antidroga nel Paese, fino al 2013.
La questione energetica – Anche sulla questione dell’energia, i due Paesi hanno avuto rapporti strettissimi: dalla proposta di “delocalizzare” il nucleare costruendo una centrale in Albania, fino a un progetto ambizioso per un nuovo gasdotto sotto l’Adriatico, l’Eagle LNG, proposto nel 2017 e poi abbandonato. Ad oggi, nessun progetto per l’energia è andato in porto, forse anche perché dal 2013, il nostro Paese ha lentamente lasciato raffreddare i rapporti con il partner balcanico. E forse perché, a proporli, fu proprio chi volle il blocco navale nell’Adriatico nel ‘97, causando lo speronamento di una nave e l’uccisione di centinaia di civili nel canale di Otranto.
Il susseguirsi di governi “tecnici”, più attenti alle questioni di politica interna che non alla diplomazia e al mantenimento di un rapporto diplomatico tra i Paesi, fatto di scambi vicendevolmente vantaggiosi, ha fatto sì che l’Albania si guardasse intorno. Forse l’Italia ha pensato che il soft power bastasse a fare la politica estera, soprattutto con nazioni in via di sviluppo che hanno sempre guardato al nostro Paese, come l’Albania. Senza calcolare che non siamo gli unici vicini mediterranei dei Balcani. La vertiginosa crescita economica dell’Albania negli ultimi quindici anni e il totale disinteresse per il perseguimento di obiettivi di interesse comune, come l’energia, la sicurezza delle nostre coste, e lo sviluppo industriale ha lasciato campo libero ad altre potenze, come la Turchia, la quale ha investito in grandissimi progetti umanitari e di ri-islamizzazione del Paese dell’ex impero, come ha fatto anche in Africa orientale. Un’enorme moschea nuova al centro della capitale, minareti col richiamo alla preghiera, e hijab mai visti prima.
Il governo Meloni sembra segnare un’inversione di rotta, se non in politica estera in generale, almeno per quanto riguarda i Paesi con cui l’Italia ha un rapporto speciale.
Parlando del prezzo del gas, Meloni ha affermato: “La proposta della Commissione Ue non è sufficiente. Bisogna affrontare questioni come fermare i costi della speculazione, le risorse sono problematiche da noi e quindi si cercano soluzioni.” Ha rimarcato “la grande voglia di Italia” in un Paese multi-religioso, in via di sviluppo e in crescita demografica, dove ormai due generazioni sono cresciute con la televisione italiana. Un consolidamento nei rapporti dettato dalle esigenze del momento, ma che può continuare a dare i suoi frutti nel tempo. Soprattutto in vista di una crisi migratoria che, sulla rotta balcanica, non accenna a scemare, ma che inizia a riverberare nei Balcani stessi, dove la forte pressione di migranti provenienti dall’Asia e di passaggio, oppure arenati alle porte dell’Europa, apre questioni sulla gestione della migrazione anche in Paesi che storicamente sono stati punti di partenza, non di approdo, delle grandi migrazioni di massa.