Nel suo ottavo messaggio di fine anno, il primo dopo la rielezione, il capo dello Stato riafferma il valore della Costituzione, il cui rispetto resta “la nostra bussola” e “il nostro primario dovere”. Lancia una stilettata agli evasori fiscali, ricordando che “la Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia”. E dedica un ampio passaggio alla povertà e alle tensioni sociali: “La carenza di lavoro sottrae diritti e dignità”
di F. Q. | 31 Dicembre 2022
La riaffermazione del valore della Costituzione, il cui rispetto resta “la nostra bussola” e “il nostro primario dovere“, nei giorni in cui la premier Giorgia Meloni rilancia la riforma presidenzialista. Una stilettata agli evasori fiscali: “La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune”. E un ampio passaggio dedicato alla povertà e alle tensioni sociali, con un pensiero rivolto agli italiani “che affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni” per “l’inflazione, i costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese“. Nel suo ottavo discorso di fine anno, il primo dopo la rielezione, il capo dello Stato Sergio Mattarella si è rivolto alla Nazione dalla Sala della musica, nell’ala neoclassica della palazzina del Quirinale, ancora una volta in piedi: alle sue spalle una finestra su Roma, l’albero di Natale, il tricolore e i vessili dell’Unione europea e della Presidenza della Repubblica. “Care concittadine e cari concittadini, un anno addietro definivo i sette anni precedenti come impegnativi e complessi: lo è stato anche l’anno trascorso, così denso di eventi politici e istituzionali di rilievo”, esordisce, ricordando subito “la scelta del Parlamento e dei delegati delle Regioni che, in modo per me inatteso, mi impegna per un secondo mandato”. E citando poi “le elezioni politiche, il cui chiaro risultato ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. È questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà”, afferma.
“Italia democrazia matura e compiuta” – “Nell’arco di pochi anni”, sottolinea Mattarella, “si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento: quanto avvenuto le ha messe tutte, in tempi diversi, di fronte alla complessità del governare, riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori. La concretezza della realtà ha così obbligato ciascuno alla responsabilità. Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte”. Ma per il presidente, anche in questi tempi difficili, l’Italia si è dimostrata “una democrazia matura e compiuta” proprio “per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese. E questa consapevolezza, nella dialettica tra maggioranza e opposizione, induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita politica della Repubblica. Questo corrisponde allo spirito della Costituzione“, che quindi, sembra di sentirlo dire, dev’essere salvaguardato a ogni costo.
L’appello alla pace e la condanna alla Russia – C’è ovviamente il passaggio sulla “folle guerra” in Ucraina, “scatenata dalla Federazione russa, che sta insanguinando il nostro continente: la risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti. La pace è parte fondativa dell’identità europea e fin dall’inizio l’Europa cerca spazi per raggiungerla nella giustizia e nella libertà”, ricorda il capo dello Stato. Auspicando che “se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze”. Ma sottolineando le responsabilità dell’aggressore: “Si prova profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perché, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando città e paesi in un cumulo di rovine. Vengono bruciate, per armamenti, immani quantità di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo per l’umanità. Di questi ulteriori gravi danni la responsabilità ricade interamente sull’aggressore, e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi”, afferma. E lancia un avvertimento: “Se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili. Non ci rassegniamo a questo presente. Il futuro non può essere questo”. Alla pace, ricorda, “esorta costantemente Papa Francesco: a lui mando un abbraccio forte e riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del papa emerito Benedetto XVI”.
Povertà e lavoro – La parte finale del messaggio è dedicata agli aspetti economici e sociali: “Gli ultimi anni sono stati duri. Ciò che abbiamo vissuto ha provocato o ha aggravato tensioni sociali, fratture, povertà”, ricorda Mattarella. “Allarma soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficoltà: la povertà minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, è quadruplicata, le differenze tra i diversi territori del nostro Paese creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza. So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese, l’aumento della povertà e del bisogno. La carenza di lavoro sottrae diritti e dignità: ancora troppo alto è il prezzo che paghiamo alla disoccupazione e alla precarietà. Ci guida, ancora una volta, la Costituzione, dove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni”, dice. E qui arriva forse il passaggio più intenso: “La Repubblica siamo tutti noi. Insieme. Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalità del terzo settore, la generosità del volontariato. La Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie. La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune. La Repubblica è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali”.
Covid e transizione digitale – C’è poi un riferimento significativo alla transizione digitale, nei giorni in cui la maggioranza di governo mette in discussione innovazioni come lo Spid, i pagamenti elettronici, le ricette mediche smaterializzate: “L’uso delle tecnologie digitali ha già modificato le nostre vite, le nostre abitudini e probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove generazioni vivono già pienamente questa nuova dimensione. La quantità e la qualità dei dati, la loro velocità possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunità. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra società. Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libertà dei cittadini”. E poi l’accenno al Covid, “purtroppo non ancora sconfitto definitivamente”, da cui “abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare. Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidarietà concreta sono risorse preziose di una comunità, e tanto più sono efficaci quanto più sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto più producono fiducia e responsabilità nelle persone. Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive”.
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