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Liceo del Made in Italy, la trovata del governo è solo marketing politico

«Voglio un liceo del Made in Italy, che formi i giovani per dare continuità a una serie di settori della nostra economia che rischiano di essere totalmente perduti», dichiarava Giorgia Meloni prima di diventare presidente del Consiglio. Ora che indossa quei panni, lo ribadisce con ancor più chiarezza.

«Per me questo è il liceo, perché non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura», ha affermato lunedì dal Vinitaly di Verona. È un’idea, per ora, su cui il governo sta ragionando «per valorizzare percorsi che spieghino il legame che esiste tra la nostra cultura, i territori e la nostra identità».

All’evento annuale la premier è arrivata per presenziare alla premiazione degli studenti e delle produzioni vinicole degli istituti agrari. Parlando con i ragazzi, Meloni si è complimentata per la loro scelta “lungimirante”: «Si è sempre detto che il liceo avrebbe dato grandi sbocchi lavorativi ma ci si dimentica che in questi istituti ci sono sbocchi professionali più alti di altri percorsi di formazione». Negli istituti agrari «c’è un qualcosa di profondamente legato alla nostra cultura, che i nostri studenti portano avanti e tramandano».

Vecchia storia

L’idea non è nuova: al liceo Made in Italy la leader di Fratelli d’Italia teneva con un certo ardore poiché ritenuto di fondamentale importanza nel rafforzamento della cultura italiana. Dopo l’annuncio da Verona, Fdi ha già depositato un ddl a firma della senatrice Carmela Bucalo.

A suo dire, l’istituzione di «percorso liceale fornisce allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi e acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità, le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro».

Tra i settori che corrono il pericolo di scomparire, l’agroalimentare gioca un ruolo cruciale. Insieme al vino e l’agricoltura in generale, rappresentano «un pezzo fondamentale della nostra economia, ma funzionano se abbiamo la capacità di mettere insieme tradizione sulla cultura antica di secoli e l’innovazione, la modernità. E questo», ha aggiunto Meloni dal Vinitaly, «lo possono fare soprattutto le giovani generazioni. Noi supportiamo questo obiettivo con investimenti e una serie di provvedimenti che riguardano, ad esempio, le decontribuzioni per chi assume in agricoltura under 36 e per le attività e le imprese prevalentemente composte da giovani». Un invito, quello della presidente del Consiglio, a prendere strade considerate negli ultimi decenni come secondarie o, peggio ancora, come ripiego per chi non aveva grande dedizione allo studio.

Marketing politico?

Eppure si fa fatica a non vederla come una trovata di marketing politico. Gli istituti tecnici, in cui facciamo rientrare anche quello agrario, hanno un’evidente necessità di venire rafforzati, rendendoli una vera alternativa al liceo non solo per le offerte lavorative.

Oltre alla propaganda, c’è da risolvere la piaga dell’abbandono scolastico, che nel 2021 rendeva il nostro paese il terzo con più abbandoni nell’Unione europea, e quello dei laureati tra i 24 e i 34 anni, con l’Italia penultima nella classifica degli stati membri. Senza parlare di quanto poco possa contribuire un liceo del Made in Italy alla salvaguardia della nostra lingua.

© Riproduzione riservata

Lorenzo Santucci

Nato a Roma nel 1995. È laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, scrive di Esteri. Collabora con Huffpost Italia, Formiche.net, Le Grand Continent e Domani.

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