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Lampedusa, il pianto della mamma: “Mia figlia è annegata, aveva due anni e mezzo. Adesso sono sola, cosa farò senza di lei?”

LAMPEDUSA – “Quella sera – racconta – quando la barca si è ribaltata e siamo finiti in acqua le urlavo: “Non puoi morire, non puoi morire”. E cercavo di tenerla più in alto che potevo. Ma quando siamo state soccorse, aveva già gli occhi chiusi”. Non smette di piangere la giovane mamma di Rockia, la bimba di due anni e mezzo morta domenica pomeriggio, i medici del pronto soccorso di Lampedusa hanno tentato per un’ora di rianimarla, ma non c’è stato nulla da fare.

“E ora sono sola”, ripete la madre della bimba, ventunenne della Costa d’Avorio, ad Emma Conti, volontaria di Mediterranean Hope, che prova a confortarla. “Ho paura di cosa mi accadrà, cosa farò senza di lei? E come farò a dimenticare tutto quello che è accaduto?”. Domande su domande. Emma Conti, quasi sua coetanea, non ha smesso di ascoltarla e confortarla. Le ha detto: “Ci prenderemo cura di te, non sei sola”. Adesso, la giovane madre si è chiusa nel suo dolore. Mentre Emma Conti e i suoi compagni di Mediterranean Hope si preparano a un nuovo sbarco: “Sono arrivata a Lampedusa l’anno scorso per la mia tesi di laurea in sviluppo internazionale nelle questioni migratorie – racconta la volontaria, che è originaria di Milano – a settembre sono tornata come operatrice. E’ stato un periodo parecchio intenso”.

Le vittime

Dal 21 ottobre ad oggi sono morti 11 bambini in nove naufragi. “Avevano da due settimane a sei anni”, racconta Giovanni D’Ambrosio, anche lui in prima linea con Mediterranean Hope, un progetto della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. “Sei corpi sono stati recuperati, gli altri sono ufficialmente dispersi. Non era mai accaduto che nel periodo invernale vi fossero così tanti approdi con partenza da Sfax, in Tunisia, e così tanti episodi mortali. Chiediamo che l’Europa e l’Italia si assumano la responsabilità di quanto accade nel Mediterraneo: le persone continueranno a partire, devono arrivare vive e devono essere accolte in modo degno”.

Intanto, non c’è più posto al cimitero di Lampedusa per i migranti morti in mare. Presto, anche la piccola Rokia sarà trasferita sulla terraferma. E’ amareggiato il parroco Carmelo Rizzo: “Dinanzi alla morte di bambini le parole servono a poco. Nessuno sembra più preoccuparsi di queste tragedie. Dieci anni fa il Papa ha detto da qui ‘Tutto questo non si ripeta mai più’, ma dopo dieci anni non è cambiato nulla”. Amarezza ancora più grande per quanto si è verificato nei giorni scorsi. “A una mamma che ha visto morire una figlia di sei mesi, all’hotspot, è stato vietato di partecipare al funerale”, rivela don Carmelo. “Un atto francamente incomprensibile. Lei ci ha chiesto di avvolgere la bimba con cinque teli di lino, e lo abbiamo fatto. Non si può morire così”.

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