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Infermieri, Ostetriche, Fisioterapisti e Professioni Sanitarie: potranno lavorare anche nel privato pur se dipendenti pubblici a vantaggio di chi?

Tra poco Infermieri, Ostetriche, Fisioterapisti e Professioni Sanitarie potranno lavorare anche nel privato pur se dipendenti pubblici a vantaggio di chi? Forse delle multinazionali?

Fino e non oltre il 31 dicembre 2025 gli Infermieri, gli Infermieri Pediatrici, le Ostetriche, i Fisioterapisti e le altre Professioni Sanitarie potranno lavorare sia nel pubblico sia nel privato. E questo è un ottimo risultato se ci si basa sugli stipendi attuali e sulla necessità da parte di tanti professionisti di cercare “lavoretti” extra per arrotondare e sbarcare il cosiddetto lunario.

Oggi gli stipendi nel Servizio Sanitario Nazionale dei professionisti della salute non Medici si aggirano dai 1400 ai 2000 euro mensili netti, in base al livello economico dei singoli operatori e al ruolo ricoperto. Il compenso giornaliero è bassissimo e non in linea con i costi reali della vita e con quelli degli altri Paesi europei. Non diciamo però nulla di nuovo, da tempo se ne parla, ma senza trovare alcuna soluzione. Le promesse degli ultimi due governi Giallo-Verde (M5S-Lega) e Giallo-Rosso (M5S-PD-Articolo 1) si sono infrante di fronte all’inesorabile realtà dei fatti: nulla di nulla.

I professionisti sanitari puntavano così sul Governo di Giorgia Meloni (centro-destra), che alla fine li ha accontentati diciamo a metà, o meglio fino al 2025. Potranno lavorare come dipendenti pubblici e arrotondare lo stipendio lavorando nel privato. Ad oggi, tuttavia, non si capisce bene con quale regime fiscale e fino a quale limite di guadagno.

Vi proponiamo a tal proposito la lettura del servizio Infermieri, via al doppio lavoro. “Un altro vantaggio per i privati” del collega Giuseppe Provinzano. Buona lettura.

È una buona notizia per loro, che guadagnano in media 1.800 euro netti al mese per 36 ore settimanali (secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato elaborati dalla Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche), spesso in condizioni molto difficili. È però una notizia meno buona per la sanità pubblica. Di fatto gli infermieri seguono la strada tracciata fin dal 1996 per i medici con l’intramoenia, che porta alle note storture per cui basta pagare e si aggiungono liste d’attesa interminabili.

L’allentamento del vincolo di esclusività per gli infermieri è nel decreto Bollette, che prevede anche limiti all’impiego di medici “gettonisti” e indennità di straordinario per i Pronto soccorso. Gli infermieri non faranno intramoenia: finito l’orario andranno nelle cliniche, negli ambulatori e nelle Rsa. Al ministero della Salute sostengono che andranno anche nelle Case di comunità della nuova sanità territoriale, ma lì serviranno infermieri in pianta stabile, non per qualche ora, sempre che ci siano i soldi. Il punto è che in Italia mancano 65 mila infermieri, il problema in prospettiva è più grave della carenza di medici ora che sono aumentati i posti per gli specializzandi.

Abbiamo meno di 6 infermieri ogni 1.000 abitanti contro una media di 9,4 tra Regno Unito, Francia, Spagna e Germania e soprattutto gli stipendi sono più bassi, come ricordava ieri su Quotidiano Sanità Marco Geddes de Filicaia, già assessore e direttore sanitario a Firenze e all’Istituto dei tumori di Genova. Così un infermiere può guadagnare anche 500 euro per una notte.

Ci sono dei limiti alla libera professione ma chi sarà, in concreto, a farli rispettare? “Rischiamo di ritrovarci alle 8 del mattino un professionista che inizia il turno in ospedale dopo una notte in clinica, io come farò a saperlo?”, dice il direttore di un importante ospedale. “Il privato se ne vantaggerà: utilizza part time e con flessibilità personale preparato e aggiornato in ambito pubblico”.

Il ministro Orazio Schillaci ha detto che “è solo un primo passo di una riforma più ampia per migliorare la sanità e rafforzare il Ssn”. E ha parlato di “salari maggiori, non solo ai medici”. Ma servono soldi che al momento non ci sono.

E voi cosa ne pensate? Scriveteci a [email protected]

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