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Freelance in Germania. “Sia qui che in Italia il mondo editoriale è immobile. Per vivere bisogna diversificare”

“Il mondo editoriale, sia in Italia che all’estero, è governato dall’immobilità. Non si assume e non si riesce a entrare: la tendenza è esternalizzare”. Nata nel 1993 in provincia di Padova, dopo studi in Editoria e linguistica in Italia, Elena Volpato ha scelto di vivere in Germania. Per amore. Laureata in Lingue e culture per l’editoria nel 2015, poco dopo la triennale conosce quello che oggi è il suo compagno di vita, tedesco. E gradualmente matura la volontà di lasciare l’Italia. “Se non ci fosse stato lui – spiega a ilfattoquotidiano.it – non avrei mai considerato la Germania in vita mia, perché avevo fatto studi linguistici in spagnolo e francese. Non c’è stato un vero momento in cui ho deciso di trasferirmi in Germania. Piano piano si sono allungati i periodi in cui ci rimanevo”.

Il primo viaggio è nel 2015: qualche settimana di ragazza alla pari in Baviera per imparare la lingua ma l’approccio non è dei migliori: “La famiglia che mi ospitava era gentilissima, ma la regione era un po’ isolata”. Poi altre esperienze, anche in Belgio e Olanda. L’anno dopo ritorna in Italia per fare un master in Editoria, sempre a Verona. E quando finisce svolge il primo stage vicino casa: “Era in una piccola casa editrice e poi però ho fatto fatica a inserirmi in questo ambiente”. La stessa difficoltà la riscontra in Germania: “L’unica cosa che ho trovato – racconta – è stato uno stage non retribuito a Berlino, in un sito di contenuti per italiani”.

Nella capitale tedesca riconosce una dimensione di vita che le piace e questo la porta a cercare di costruire lì la sua carriera. Una sorpresa per lei, che invece ha sempre preferito contesti diversi: “Sono una persona da piccola città, pensavo che Berlino fosse troppo caotica per il mio gusto personale, invece mi ha stupito perché è grande ma anche molto calma”. Finito lo stage, manda il curriculum ovunque, migliora la lingua, ma ha ancora un livello B2 e quindi cerca un lavoro in cui vadano bene anche italiano e inglese. Nel suo campo, c’è molto poco: “Sono rimasta a Berlino – spiega – lavoravo come cameriera alle fiere, negli hotel, per eventi straordinari. Non esiste una casa editrice italiana con sede all’estero e le uniche che avessero senso per me erano realtà editoriali produttrici di testi scolastici”.

Non trova niente, dopo qualche mese allora rientra in Italia con una certa delusione: “Ci avevo sperato, ci avevo provato. Avevo da sempre il fuoco dell’ambiente editoriale, il mio sogno era diventare editor, cioè redattore e curatore di una collana di narrativa”. Non si abbatte. Rientra a casa nel 2018 e inizia a collaborare con un’agenzia di base a Berlino, ma a distanza. Poi capisce di dovere ampliare gli orizzonti e inizia a occuparsi anche di traduzioni: “Nel frattempo ero tornata a vivere con i miei. A parte loro, però, non avevo vincoli in Italia, quindi ho deciso di raggiungere il mio compagno, che aveva un’azienda di famiglia a Norimberga”. Se partire non è stata una decisione difficile, a rendere così aleatorio il suo destino è stato in gran parte il settore d’appartenenza. Dopo decine di porte chiuse all’estero e in Italia, Elena ha dovuto inventarsi da zero, sia geograficamente che professionalmente. “Ho visto che nel mondo editoriale sia italiano che tedesco è tutto fermo – spiega – è un settore che avrebbe bisogno di tanti professionisti ma non riesce ad assumerli”. Spesso nell’editoria si assegnano a terzi i servizi di base, impedendo così l’ingresso di nuove figure. Di contro, le università formano persone pensando ai teorici bisogni del settore, senza fare i conti con le possibilità di mercato.

“Per fornire un libro di qualità, servirebbero tante figure molto qualificate. Queste figure esistono, purtroppo però ciò che serve per far uscire un prodotto editoriale non trova poi riscontro nel mercato e quindi le aziende non riescono ad assumere le persone di cui avrebbero bisogno”. Figlia di lavoratori dipendenti, Volpato fa i conti innanzitutto con questa incertezza: “Nel mio ambito – racconta – il contratto a tempo indeterminato che mi è stato inculcato nel cervello fin da bambina, e che io stessa sognavo, non esiste. A un certo punto, quindi, ho capito che o cambiavo completamente settore oppure affrontavo la realtà, cioè che nel dominio linguistico, editoriale e della cultura devi andare avanti con le tue gambe, la maggior parte delle volte essendo partita Iva”. Parte di questo processo di sopravvivenza, passa dal diversificare. Oggi Elena lavora da freelance come insegnante d’italiano a stranieri e collabora con realtà di editoria, traduzione, impaginazione e marketing. Il tutto in italiano, inglese e tedesco, da Norimberga. Non è una vita semplice, ma a lei piace. “Non c’è differenza tra l’Italia e la Germania – spiega – tranne nello spritz: qui costa troppo”.

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