Emanuela Orlandi, memoriale Accetti 8: trasferita dalla casa sul litorale al quartiere Monteverde e in una roulotte della pineta di Ostia
Pubblicato il 8 Dicembre 2022 – 18:19
Emanuela Orlandi trasferita dalla casa sul litorale in un appartamento sito nel quartiere di Monteverde. Poi, tra un “codice” e l’altro, addirittura in una roulotte della pineta di Ostia. La Guardia Forestale doveva quindi essere cieca…
Siamo alla parte numero 8 del memoriale del 2014 di Marco Accetti, in arte Marco Fassoni Accetti.
5 luglio
Noi fummo costretti ad ufficializzare il finto sequestro, ma lo facemmo gradualmente, avvisando l’altra parte. A questo punto il nostro intervento si esprimeva con tre livelli di minaccia di rendere pubblico il finto sequestro. Se non avessero accettato le richieste nel primo grado, si passava al secondo. Il primo grado consisteva nel riferirlo solo alla Sala Stampa Vaticana, e chi di dovere era al corrente che se si fosse promesso di accettare anche solo una parte delle richieste non si sarebbe avvisata la famiglia. Ciò non avvenne, per cui fu effettuata la telefonata presso casa Orlandi. La nuova minaccia, anche in questo caso, fu respinta, e si passò al comunicarlo alla stampa italiana.
Il telefonista incaricato di effettuare questi tre tentativi s’ispirava con la voce al dottor Thomas Macioce. Noi avremmo fatto sapere all’interno del nostro riferirci a questo personaggio. Alla Sala Stampa Vaticana dicemmo semplicemente che il sequestro era per ottenere la liberazione di Agca. Presso la famiglia Orlandi facemmo sentire un nastro con la voce della ragazza che citando la scuola Convitto Nazionale faceva presente dell’altra compagna – testimone dello stesso Convitto. Ed inoltre, dicendo “il prossimo anno dovrei fare il liceo”, si intendeva: accettate le richieste che devo tornare alla mia vita civile.
Quando nei comunicati dichiariamo che la Orlandi è fuori del territorio italiano è per alludere che possa trovarsi in territorio della Città del Vaticano.
Nel primo comunicato, che lasciammo in un cestino, usammo due codici: il primo era il luogo scelto, il Parlamento Italiano. Il secondo l’orario nel quale fu depositato, le 4 pm (soluzione cruenta dell’assalto alla Meca).
8 luglio.
Agca, nel cortile della questura, forse perché a conoscenza del fatto che la trattativa non è più occulta per cui non può avere possibilità di successo, rilancia le accuse nei confronti dei diplomatici bulgari. Motivo in più per trattenere ulteriormente le ragazze, ed usarle, non potendo noi più fidarsi di lui, come extrema ratio per influire in un possibile processo al signor Antonov sui giudici popolari, che avrebbero dovuto comprendere come la vita e la restituzione della Orlandi fossero legate ad un’opportuna assoluzione del bulgaro.
4 agosto.
Attendevamo da giorni l’elezione del nuovo Ministro di Grazia e Giustizia per promuovere pressioni per ottenere proscioglimento nei confronti del signor Antonov. Lo stesso giorno dell’elezione del nuovo Ministro, Martinazzoli, comparve il primo comunicato del fantomatico gruppo “Turkesh”, la cui analisi ci portò a ritenere che fosse espressione “dell’altra parte”. Il fatto che chiedessero informazioni riguardo la cittadina italiana Mirella Gregori, lo interpretammo che, se non avessimo più coinvolto attraverso la cittadina vaticana Orlandi lo Stato del Vaticano, ma ci fossimo occupati solo di trattare rendendo pubblico il “sequestro” di Mirella Gregori, cittadina italiana, ci avrebbero favorito per quanto riguarda la condizione del detenuto Antonov. Ecco quindi spiegarsi l’aver reso pubblico il loro comunicato lo stesso giorno dell’elezione del Ministro di Grazia e Giustizia Martinazzoli. Per cui ci ripromettemmo di render pubblico il finto sequestro della Gregori, ma non lo potevamo fare nell’immediatezza del 4 agosto per non permettere agli inquirenti dello Stato Italiano il comprenderne i suddetti rapporti.
Nei mesi dell’estate ’83 fu creata una pressione nei confronti di monsignor Marcinkus e dei suoi rapporti con l’ex-gendarmeria. Una pressione che riguardava la critica verso la sicurezza effettuata nei confronti del Pontefice. monsignor Marcinkus, avvedendosi di questo, si rivolse, verso l’autunno, ai Servizi della Sicurezza Militare italiana, cercando generica protezione. Noi riteniamo che forse il Monsignore abbia edotto i servizi di notizie riguardantici ed inerenti al signor Agca, al punto che lo stesso cercò, proprio in quell’autunno un contatto con il detto servizio. Tra l’altro eravamo al corrente che, contestualmente, il Servizio Militare stava creando dei particolari uffici per particolari compiti. Ricordo dell’uso da parte di questi agenti di un residence situato in via Panama, in Roma; di un ufficio presso vicolo del Cinque a Trastevere e di un appartamento in via del Governo Vecchio.
Come costruire i falsi comunicati Boston:
Settembre ’83.
Sappiamo che la Guardia di Finanza Italiana è prossima ad arrestare nella nazione brasiliana l’avv. Umberto Ortolani. Per noi questo fatto significa il termine della sua influenza nei confronti di certe realtà italiane. Per cui il 4 settembre cominciammo una politica di maggior pressione nei confronti del Ministero di Grazia e Giustizia per ottenere il proscioglimento nei confronti del detenuto Sergej Antonov. Lasciammo un comunicato lo stesso giorno, innanzi alla Porta Sant’Anna, che ha delle caratteristiche di grave minaccia. Si usa il codice 4, che è un codice di minaccia di morte, in quanto riprende la soluzione sanguinaria adottata dalle forze dell’ordine saudite per liberare le strutture religiose della Mecca, assaltate da alcuni ribelli islamici il 4 novembre 1979. La scelta della porta fu operata per ricordare una fondazione legata alla Cohors Elvetica (Guardia Svizzera, la cui caserma rimane nei pressi della porta), di cui alcuni rappresentanti erano notori per il loro adottare “soluzioni violente”. Inoltre nominiamo la basilica di Santa Francesca Romana, per richiamare l’ordine benedettino, in quanto il nostro referente – contatto con la Staatssicherheit era un benedettino all’interno delle Amministrazioni Palatine Vaticane. In tutte queste minacce acclusi, per il circuito interno, il filmato di un suicidio, ed ispirandoci al finto suicidio del dottor Calvi, scrivemmo: “volete che vostra figlia venga suicidata?”.
A fine settembre ’83 compilammo dei comunicati, facendoli scrivere ad una ragazza. Un’altra ragazza li spedì da Boston. L’intento era di spostare l’attenzione dalla Repubblica Bulgara al territorio statunitense. Alcuni elementi del Servizio d’Informazione della Sicurezza Democratica sono a conoscenza di questo nostro interesse di suggestionare con gli Stati Uniti, e crearono a loro volta un fantomatico gruppo denominato “Phoenix”, minacciandoci usando il codice 158, citando la “pineta” ed il “ristorante”.
La scelta del giornalista Roth fu dettata da alcuni elementi, tra i quali essere costui caposervizio presso la CBS, per l’appunto statunitense, con sede in via Condotti, dove aveva lo studio l’avv. Ortolani e vi era la sede del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta. Inoltre, costui aveva da poco fatto un viaggio in una nazione oltrecortina, e noi volevamo far credere che fosse stato “agganciato” dal servizio di sicurezza della nazione nella quale il giornalista si era recato.
Serviva una nuova donna per influire sui lavori della Commissione riguardante i fatti dell’Istituto Opere di Religione, che avrebbero dovuto consegnare i loro risultati il 30 settembre 1983. Fermammo tale Paola Diener, per il fatto che costei aveva un parente che lavorava presso la Città del Vaticano e che abitava in via Gregorio VII, ch’era la via che conduce al luogo dove avevamo situato la virtuale “villetta” prestata a monsignor Marcinkus. E la Diener avrebbe dovuto essere una “testimone” dei fatti occorsi presso la predetta villetta, proprio per la vicinanza della sua abitazione con la stessa. Per comprendere se la ragazza avesse edotto i propri genitori dell’iniziale parziale proposta fattale, posizionammo una microspia presso la sua abitazione. E per accedere al palazzo ci fingemmo clienti di uno studio di agopuntura cinese posto al primo piano. All’interno dell’abitazione, sita al piano terra, riscontrammo la presenza di un piccolo cane che ci intralciò nel nostro lavoro, che comunque portammo a termine. La ragazza non fece cenno alcuno alla famiglia, ma comunque non si dimostrò idonea alle nostre aspettative. Sorprendentemente, leggendo i quotidiani, ne riscontrammo l’improvvisa morte dovuta a una folgorazione per elettricità mentre la stessa era all’interno della vasca da bagno. Ritenemmo il fatto assolutamente incidentale, ma lo sfruttammo per far credere che fosse nostra opera, citandolo per l’appunto in uno dei nostri comunicati. L’incidente si era verificato durante il Sinodo dei Vescovi, ed anche di questa coincidenza se ne fece un uso. Fotografammo il viso presso la camera ardente e lo mostrammo a chi di dovere.
Cercavamo anche di monitorare il dottor Capaldo, nella Commissione Bilaterale di nomina di parte vaticana che, appartenendo alla corrente democristiana dell’Onorevole De Mita, poteva influenzare in maniera a noi contraria i lavori della predetta Commissione. Si attenzionò il suo appartamento sito in una traversa di viale Regina Margherita, nei pressi del Liceo francese Chateaubriand e del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Porta Pia.
Il detenuto Agca continua a non ritrattare, per cui l’elemento della Staatssicherheit ci chiede di far credere a lui che ci siano in atto altri sequestri, e che la morte della Diener sia un omicidio teso a minacciarlo; che anche la sorella Fatma possa subire la medesima sorte.
Verso il 10 settembre comincia un’operazione di pressioni diplomatiche per ottenere l’appello del Presidente Pertini nei confronti della Gregori. Vi sono vari e notevoli impedimenti da parte di alcune persone per ostacolare il suddetto appello, per cui si gira un video nella pineta di Castel Porziano, mettendo in evidenza che il luogo è prospiciente l’entrata della tenuta presidenziale italiana. Il video mostra la Gregori minacciata da un’arma calibro 357.
27 settembre
Alcuni elementi del Servizio D’Informazione della Sicurezza Democratica ci minacciarono di morte con un comunicato Phoenix, citando la suddetta pineta. Noi rispondemmo usando lo stesso 27, ma di ottobre, con una telefonata all’avvocato Egidio, annunciando la “morte” della Gregori. Loro replicarono usando il “13” di novembre e lasciando proiettili Magnum calibro 357 in un’edicola nei pressi del Collegio San Giuseppe Istituto De Merode, abitazione di monsignor Celata, e con accanto la Maison delle Sorelle Fontana.
20 ottobre
Ottenemmo comunque l’appello presidenziale attraverso una pressione nei confronti di monsignor Calamoneri, che lavorava nella Nunziatura Apostolica presso il Quirinale. L’appello significava far comprendere ad Agca che vi fosse una persona che, essendo riuscita a promuovere l’appello il giorno 20, per cui usando il codice “20”, nello stesso modo poteva influire per far lui ottenere la grazia. Vi è anche un rapporto, che non è opportuno rivelare, tra il cercare l’appello e l’iniziativa della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel redarre la lettera che stigmatizzava la massoneria. Quest’ultima realtà fu posta a conoscenza del detenuto Agca, il quale scrisse varie volte ad un autorevole membro della predetta Congregazione per ottenere la grazia. Contemporaneamente uno dei due giudici bulgari in rogatoria presso il carcere di Rebibbia, fece presente che se avesse ritrattato le calunnie sarebbero stati eseguiti per lui altri sequestri. Altrimenti sarebbe stata assassinata sua sorella Fatma, così come “accaduto con la Diener”, di cui negli stessi giorni furono prodotti i documenti attestanti il finto “omicidio”.
In una delle lettere da Boston facemmo presente che tutte le richieste dovevano essere accolte non oltre il maggio 1984, e così fu. L’ultima richiesta, proprio nel maggio ’84, fu la domanda di risarcimento, almeno parziale, dei debiti contratti dal Banco Ambrosiano.
Verso la fine di ottobre il detenuto Agca doveva essere sottoposto ad un’ispezione giudiziale per verificare la sua conoscenza di una pertinenza diplomatica bulgara, e avrebbe, nelle nostre intenzioni, dovuto non riconoscerla. Per cui in relazione alla minaccia di morte nei confronti di sua sorella Fatma, gli fu mostratServizio d’Informazioni della Sicurezza Militare.a la foto del corpo della Diener, esposta nella camera ardente, con allegato l’articolo che ne annunciava la morte attraverso la corrente elettrica.
Come adescare e usare strumentalmente un dodicenne, naturalmente facendo attenzione ai soliti “codici”:
Fine novembre fermiamo Stefano Coccia come risposta alla suddetta lettera.
Inizialmente Stefano serviva per influire, con una sua fittizia testimonianza da noi prodotta e concordata, sull’Anticamera Papale, in quanto nella stessa si vociferava vi potessero essere due prelati con tendenze di pedofilia. Fu fermato in Corso Vittorio Emanuele II per ricordare l’altra “testimonianza” della ragazza del Convitto Vittorio Emanuele II. Cercavamo un giovinetto, fu quindi scelto nei palazzi che prospettavano sul Corso ma il più possibile vicino al Ponte, che rammentava il “suicidio” del Presidente del Banco Ambrosiano, Calvi, nonché vicino alla Città del Vaticano. Nella scelta del giovane fu determinante il numero civico del negozio del padre, che componeva nuovamente la data dell’apparizione di Fatima. Inoltre era importante che nella finzione lui potesse prendere lo stesso autobus che avrebbero potuto prendere la Orlandi, la Gregori e la Caterina Ghillespie, e che li avrebbe condotti alla stazione ferroviaria di San Pietro, nei cui pressi avevamo collocato la presunta villetta prestata a monsignor Marcinkus. Non si poteva usare con questo dodicenne lo stesso sistema di persuasione adottato con le altre ragazze, in quanto lo stesso era troppo giovane. Ci limitammo a filmarlo nascostamente, facendogli dire l’ora dell’incontro – le 7 di sera, che avrebbe dovuto ricordare il 1917, data di Fatima- e il nome della strada. Gli chiedemmo se voleva girare un provino con alcune frasi che alludevano alla suddetta “villetta”, e avremmo fatto credere ai nostri interlocutori dell’altra parte che ci riservavamo di convincere il ragazzo a produrre una falsa testimonianza di adescamento nei confronti dei due predetti prelati dell’Anticamera Papale. La nostra pressione e minaccia era che con la possibilità di far circolare alcune voci che avrebbero “raccontato” come il Presidente monsignor Marcinkus avesse “prestato” la sua villetta ad uno dei due prelati in questione.
Il ragazzo serviva a fare pressione su alcune gerarchie vaticane affinché non sfruttassero in chiave anticomunista ed estensivamente con ostilità nei confronti dei paesi dell’est il prossimo incontro tra il detenuto Agca ed il Pontefice. Inoltre “Stefano” prende il posto nelle trattative della Orlandi e della Gregori, in quanto, con la possibilità che il detenuto Antonov potesse ottenere gli arresti domiciliari era opportuno che non vi fosse più alcuna tensione mediatica, ma solo trattative occulte. Inoltre, nell’insieme di queste pressioni usammo anche una composizione musicale del Maestro Miserachs intitolata per l’appunto “Stephanus”.
Dicembre ’83, alla fine di dicembre fermo tale Caterina Gillespie, di età di 16 anni. Costei servirà, nel qual caso la si possa convincere, a dire di essersi anche lei recata presso la nota “villetta” in quanto irretita dal solito ecclesiastico, vicino al Presidente Marcinkus, e dichiarare di essersi presentata alle autorità dopo aver visto il trafiletto della scomparsa della Gregori, per averla incontrata nella predetta villetta e sull’autobus che dalla Nomentana conduce alla Stazione di San Pietro. A tal’uopo la fermammo nei pressi di una abitazione situata vicino alla via Nomentana. Nella selezione, oltre all’età, fu determinante il fatto che costei era di padre canadese (nel codice rammentava l’ambasciata del Canada presso la Santa Sede, sita in via della Conciliazione, presso la quale il signor Agca colloca l’appuntamento che avrebbe avuto, dopo l’attentato al Papa, con i membri della delegazione bulgara), e di madre d’origine statunitense (che coinvolge ulteriormente, a livello di codice, le responsabilità statunitensi). La ragazza era quindi un’ulteriore pressione, che avrebbe dovuto continuare e dare un maggior senso alle scomparse Orlandi – Gregori. Tale intenzione nei confronti della Gillespie fu annullata e la ragazza non fu edotta di quanto sopra, per i gravi fatti che seguirono.
Veniamo a conoscenza che il detenuto Antonov sta per ottenere gli arresti domiciliari e li dovrebbe ottenere il 21 dicembre 1983, per cui, per evitare che tale beneficio possa essere revocato, si decide che ogni attività di pressione va momentaneamente sospesa. Decidiamo quindi che venga anche fermata la pressione sul giudice Santiapichi, per cui il 20 dicembre la Orlandi deve lasciare la località della Villa di Plinio dove, posta in un camper, partecipava inconsapevolmente alle pressioni nei confronti del suddetto giudice, abitante nella vicina località, detta Infernetto, per tornare presso l’abitazione di Monteverde. Nostra preoccupazione è il prossimo incontro del Pontefice con il detenuto Agca. Costui potrebbe rivelargli qualcosa riguardante la nostra esistenza ed altro. Per cui è necessario approfittare dell’opportuna assenza di Antonov presso il carcere di Rebibbia, per cercare di far una notevole pressione ad Agca all’interno dello stesso carcere.
Come sorvolare disinvoltamente e cinicamente sull’uccisione di Josè Garramon nella pineta di Ostia:
Pineta.
Le pressioni su monsignor Cheli, oltre che per i fatti inerenti al Banco Ambrosiano, costui era anche stato nel Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa negli anni ’70, in qualità di collaboratore dell’allora monsignor Casaroli, con il compito di trattare diplomaticamente con i paesi oltrecortina. Era anche professore di francese.
Vedendomi già arrestato, forse avrebbero fermato l’intenzione di produrre indizi fasulli nei miei confronti. Bisognava che mi facessi arrestare prima che ciò si verificasse dietro impulso di altri. Necessitavo di un’immediata imputazione di omicidio colposo, ed è per questo che non tolsi i frammenti della ventola.
1984
In Olanda fu albergata in pertinenza Cardinal Felici, che in Francia operava in modo reazionario contro i prelati “indipendenti” francesi.
Credo che già un anno prima sapessimo della data del maggio 1984. Contrari alla restituzione erano monsignor Marcinkus, De Bonis e quasi tutti i dirigenti.
Alla mia parte non interessava tanto si restituissero i debiti contratti con il Banco Ambrosiano, ma che sì facendo si verificasse una sconfitta di quella linea politica facente capo all’attuale dirigenza, a noi avversa.
1985
Backis riceve Silloge ed è nunzio in Olanda.
Il capitolo dedicato interamente alla madonna di Fatima:
Fatima
Sapevamo che monsignor Hnilica, oltre a presiedere un’ associazione – fondazione morale chiamata Pro Fratribus, con sede legale in Grottaferrata, costui zelava anche per ottenere la cosiddetta “consacrazione della Russia” attraverso i riferimenti storici e religiosi dei fatti occorsi in Fatima nel 1917. Per cui cercammo di influenzarlo sul fatto che l’attentato del 1981 andasse interpretato in questa ottica religiosa. Usavamo testimonianze storiche raccolte dall’archivista ufficiale dei fatti di Fatima, che ci indica come il testo inerenti i misteri faccia riferimento a “lotte intestine nel seno della Chiesa”, e di gravi negligenze pastorali della gerarchia superiore. Mettevamo in luce alcuni passaggi dei primi misteri, quali: “Un castigo cadrà nella seconda metà del secolo ventesimo. Cardinali si opporranno a Cardinali, Vescovi a Vescovi, e a Roma ci saranno cambiamenti. La Russia sarà lo strumento del castigo scelto dal cielo per punire il mondo”.
Disseminammo nelle nostre azioni vari e molti riferimenti all’evento di Fatima.
1) – L’attentato era il 13 maggio, ed eseguito alle 17:17; la pensione scelta per il soggiorno del signor Agca si chiamava “Isa”, che in arabo e turco significa “Gesù”.
2) – La somma offerta alla Orlandi, 375000 lire, anagramma del 13-5-1917.
3) – Ora dell’appuntamento con la Gregori, h. 15,30 e ora dell’appuntamento con la Orlandi, 7 pomeridiane, compongono sempre la data 13-5-1917
4) – Il codice 158, anagramma di 5 – 1981
5) – Età di Mario ( 35 anni) e di Pierluigi (devo fare 17 anni), vanno a comporre insieme: 13 – 5 – 1917
6) – 351 – Numero civico dell’esercizio commerciale appartenente al padre di Stefano, il minorenne da noi fermato nei pressi dello stesso civico in Corso Vittorio Emanuele II alle ore 7 p.m. Il civico e l’orario compongono nuovamente 13-5-17.
7) – Anche il presunto gruppo “Phoenix” ci minaccerà ponendo proiettili 357 Magnum in un tabernacolo nei pressi del collegio San Giuseppe Istituto De Merode. 357, come la data di Fatima 13-5-1917.
8) – Il signor Agca, “rovinerà” il processo del ’85 per l’attentato, con un comportamento apparentemente folle, citando la “crocifissione” (elemento portante del terzo segreto di Fatima, non ancora rivelato) e dichiarando le seguenti frasi: “L’attentato al Papa è collegato con il terzo segreto di Fatima. Al Papa ho detto che Dio mi ha fatto vedere la Crocefissione”.
Vi era una nostra persona ecclesiastica che conosceva il testo del terzo segreto di Fatima, non ancora rivelato, per averlo appreso da un altro prelato all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede. Fummo noi a raccontare al signor Agca esclusivamente l’elemento della crocefissione, facendo poi presente ai nostri interlocutori che se non avessero accettato le nostre richieste avremmo potuto disvelargli il testo nella sua interezza e questi certo lo avrebbe dichiarato pubblicamente con prevedibile scandalo e turbamento. Il mostrare che avevamo svelato solo una frazione di segreto significava estensivamente il poter raccontare e pubblicare ogni altra informazione, al momento riservata. Inoltre facemmo presente durante le nostre pressioni che avremmo potuto far conoscere all’opinione pubblica quanto avessimo “sforzato” l’interpretazione religiosa dell’attentato, avendo noi prodotto i suddetti elementi suggestivi, che esteriormente apparivano come naturali e genuini.
In ultimo, questo ammantare le nostre operazioni con “elementi gotici” poteva anche porci al riparo da eventuali indagini, proprio per l’inverosimiglianza apparente di tutto ciò. Per cui era una nostra ulteriore copertura confondente e depistante.
Facemmo credere che fu attraverso l’ambiente di Ratzinger, che conosceva il terzo mistero, che il signor Agca lo apprese.
Il memoriale Accetti integrale a questi link.