Non sappiamo se siano lacrime di coccodrillo quelle della capogruppo dei socialisti all’Europarlamento, ma quel che trapela è che abbia pianto, Iratxe GarcÍa Pérez, la luogotenente europea di Pedro Sánchez. E con le lacrime ha svicolato le spinte interne.
Dopo che lo scandalo corruzione ha cominciato a travolgere il gruppo, i socialdemocratici a inizio settimana hanno provato a discuterne. Così qualcuno – la delegazione tedesca, quella francese – ha avuto l’idea non proprio campata in aria che forse la dirigenza del gruppo dovesse farsi due domande. Ma com’è possibile che la situazione sia sfuggita dal suo controllo?, è la domanda che è arrivata a GarcÍa Pérez. Ma la questione è rimasta in sospeso.
Così, mentre quell’archeologia dei rapporti che è l’album di fotografie di Instagram ci restituisce le immagini del presunto corrotto Francesco Giorgi al mare in amicizia assieme alla capo di gabinetto di Iratxe GarcÍa Pérez, Laura Ballarin Cereza, il gruppo affronta un futuro incerto con attitudine spaesata. Da una parte, infatti, c’è la forma: su questo piano la posizione è dura, «ci costituiremo parte lesa», ha detto la capogruppo socialista, e «supporteremo le indagini». Insomma, una promessa di far pulizia. Ma nella sostanza, poi, pare che un sostanziale percorso di riflessione interna decolli a fatica.
Lo scandalo Qatar è l’elefante nella stanza, e i socialisti si avviano verso le elezioni europee 2024 senza esibire capacità di dominare gli eventi. Anzi: mentre la destra è sempre più aggressiva, e i popolari di Manfred Weber virano sempre più verso i conservatori, il centrosinistra europeo finisce schiacciato. Già si è arreso, dopo la morte di David Sassoli, alla presidenza popolare di Roberta Metsola nelle elezioni di metà mandato. Ora si fa pure sbeffeggiare dal Partito popolare europeo, che tra le famiglie politiche europee è la più impermeabile alle richieste di riforma interna e di trasparenza, e che pure mette alla berlina S&D.
Se sullo scandalo Qatar si organizza anche la campagna elettorale verso il 2024, allora i socialisti ci arrivano senza bussola.
«Tolleranza zero»
Questo venerdì a Roma la commissione di garanzia del Partito democratico ha sospeso dal Pd l’eurodeputato Andrea Cozzolino, che si era già autosospeso dal gruppo socialdemocratico. La posizione pubblica sia del Pd, a livello nazionale, che dei socialisti, su scala europea, è di massima intransigenza riguardo allo scandalo corruttivo. Dopo la riunione di gruppo di lunedì, S&D ha sparato un comunicato che titola: «Tolleranza zero».
Concretamente, i socialisti hanno deciso di sospendere gli eurodeputati soggetti a indagine; se invece sono i loro assistenti a esserlo, gli europarlamentari in questione devono dimettersi da incarichi di responsabilità e da attività in rappresentanza del gruppo, specialmente se relative ai temi dell’indagine. Per capirci, questo è il caso di Pietro Bartolo, che non seguirà più – per ora – il dossier dei visti in commissione Libertà civili. Dopo aver concordato queste linee guida, ad oggi la situazione – riferisce Utta Tuttlies – è questa: Eva Kaili, la vicepresidente dell’Europarlamento colta in flagranza di reato (contanti annessi), è stata espulsa. Il belga Marc Tarabella, così come Cozzolino, si è autosospeso dal gruppo. Maria Arena ha lasciato l’incarico di presidente della sottocommissione sui Diritti umani, ma resta ancora nel gruppo S&D. La spiegazione che viene fornita è che Arena – che di certo i documenti pubblici mostrano mentre promuove gli eventi e i report di Fight Impunity – non è indagata.
Dunque il gruppo si muove su un crinale difficile: ci sono nomi che sono finiti nel calderone dello scandalo ma questo non implica che siano coinvolti nell’affaire corruzione. Anche Cozzolino non è indagato, ma nel suo caso a Roma hanno scelto di cautelarsi. Per completare il quadro: c’è anche un membro dello staff, spiegano da S&D, che è collegato alle investigazioni ma non è accusato e dunque è per ora in congedo.
Riformarsi da dentro
Sia Brando Benifei, come capo delegazione del Pd, sia Iratxe GarcÍa Pérez, che guida il gruppo europarlamentare, promettono che Pd e S&D si costituiranno parte lesa. C’è poi un percorso più generale di riforma che l’Europarlamento intende avviare, per avere regole più stringenti che prevengano influenze indebite e conflitti di interesse: i socialisti hanno sostenuto questo piano di riforma, e anche l’idea di una commissione di inchiesta, con il loro voto favorevole alla risoluzione approvata giovedì.
«Noi del Pd siamo i primi a voler capire chi si arricchisce sui diritti umani», dice Benifei. «Per ricostruire la fiducia vogliamo anche migliorare il nostro sistema di controllo interno, per prevenire altri casi», promette GarcÍa Pérez. Ma fino a che punto i socialisti sono in grado di reagire, anche politicamente, a questo scandalo?
Nel gruppo da alcune delegazioni sono arrivate spinte a un’autoriflessione più profonda, e a ripensare anche il modo di guidare le scelte europee, ma la presidenza di gruppo spagnola per ora non sembra aver colto questa spinta a rivedere più in profondità la conduzione. Intanto le elezioni europee del 2024 non sono così lontane: in realtà a Bruxelles le famiglie politiche sono già al lavoro su questo.
Il Ppe ha attaccato i socialisti («Questo non è un Qatargate, è uno scandalo S&D») e stringe sempre di più con l’estrema destra, coi conservatori di Meloni. All’Europarlamento, già alle elezioni di metà mandato di gennaio scorso, dopo la morte di David Sassoli che aveva provato a rivendicare il rinnovo della presidenza per i socialisti, il gruppo ha di fatto mollato la presa: è stata eletta Roberta Metsola (Ppe) e i socialisti si sono accontentati di quel che restava. Intanto centrodestra e destra estrema sono sempre più legati e sempre più aggressivi: lo scandalo Qatar e Marocco rischia di schiacciare ancor più il centrosinistra nell’angolo. Più che le lacrime, servirebbe una vigorosa reazione, per recuperare terreno politico in vista delle europee.
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