conegliano:-la-figura-unica-di-gianluca-curtolo,-medico-e-bodybuilder:-“il-culturismo-ti-salva-la-vita”

Conegliano: la figura unica di Gianluca Curtolo, medico e bodybuilder: “Il culturismo ti salva la vita”

CONEGLIANOGianluca Curtolo è, per tanti versi, una figura unica. La sua storia è a dir poco singolare: si è laureato in biologia molecolare e si è specializzato in neurobiologia, ma ad un certo punto ha deciso abbondare il dottorato di ricerca per iscriversi a medicina. A Padova, dopo anni di studi e sacrifici, si è laureato e si è specializzato in psichiatria. Ora lavora nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Conegliano.

___STEADY_PAYWALL___

Tutta la sua vita, però, è stata alimentata da una passione: il bodybuilding. Il 39enne coneglianese è riuscito a conciliare, a unire e a sfruttare il suo bagaglio culturale e tutte le esperienze fatte tra bilancieri e pesi, e ha inaugurato un movimento culturale innovativo nel mondo del culturismo. Curtolo segue e cura i professionisti del bodybuilding, e in Italia rappresenta un unicum. “La mia doppia formazione mi ha permesso di differenziarmi dagli altri – spiega il medico -. Vengo dal mondo molecolare, e grazie a questo riesco a declinare il metodo clinico in modo diverso”. Curtolo segue atleti del calibro di Andrea Presti, Peter Duper, Dario Paolozzi ed Emanuele Ricotti, e collabora con i medici e i professionisti del team Presti, “squadra” creata dal bodybuilder bresciano.

Che cos’è, realmente, il dodybuilding?

È innanzitutto una disciplina intima. In questo mondo non c’è mai stata grande condivisione. Purtroppo la medicina lo ha sempre cassato. Io invece parlo della medicina applicata alla disciplina del bodybilding: ho sancito l’inizio di un movimento culturale diverso, senza pregiudizi nei confronti di questo sport. Parlerei addirittura di miopia culturale della classe medica, che non sa seguire i culturisti. Gli asterischi negli esami del sangue di un bodybuilder sono diversi dagli altri. Con i tuoi video su Instagram, che sono seguitissimi, spieghi il funzionamento di certe molecole, sfati certi miti, fornisci informazioni. Hai ricevuto anche delle critiche? Non troppe. Secondo alcuni giustificherei certe pratiche diffuse nel mondo del culturismo, ma potremmo fare lo stesso discorso per i tabagisti o per i tossicodipendenti. Perché non dovremmo seguire e curare queste persone? Io non vado a cavillare su certe pratiche, la mia cornice terapeutica è esclusivamente clinica.

Spesso questo mondo è associato all’uso di sostanze dopanti. In che cosa consistono le tue cure?

Possono esserci diverse problematiche: una di queste riguarda l’aumento dell’ematocrito, le problematiche emodinamiche ad esso connesse e il rischio di eventi ischemici. Purtroppo negli ultimi anni c’è stata un’evoluzione nel mondo dei prodotti e degli anabolizzanti. Tutto questo porta ad una nefrotossicità importante, gli organi più colpiti sono senz’altro i reni. Poi iniziamo a vedere gli effetti prodotti dalle pratiche di abuso degli anni ’90. Abbiamo a che fare con neurodegenerazioni e fenomeni di demenza, ansia, attacchi di panico.

Come interagisci con gli atleti che segui?

Con i culturisti parlo per immagini. Uso sempre quella del semaforo: il verde è ok, il giallo rappresenta una problematica, il rosso significa “stop”. Io do degli avvertimenti, sperando che vengano recepiti. Difficilmente giudico i culturisti. Non ho mai oltrepassato certi limiti, ma non condannerò mai un bodybuilder.

Quando sei entrato in questo mondo?

Ho iniziato in quarta superiore. All’epoca ero un grande appassionato di basket, avevo anche qualche possibilità di andare a giocare in A2, a Bologna. Purtroppo poi mi è esploso il ginocchio e la gamba è rimasta “mutilata”. Ho fatto circa 22 mesi di riabilitazione: in quel periodo ho iniziato a frequentare la palestra e mi sono imbattuto nei mostri sacri del culturismo. Tutto è iniziato in quel momento. Il bodybuilding è un’attività mentale, cerebrale, è un demone che non ti lascia più. All’inizio mi vergognavo un po’, ma poi la passione è diventata esplosiva. Ho continuato anche durante il periodo universitario: mi svegliano alle 5 e mi allenavo prima di andare a lezione.

Che effetti può avere una passione così viscerale?

Ti salva la vita. In futuro inaugureremo un progetto che ci permetterà di andare a parlare di bodybuilding nelle scuole superiori. C’è il rischio di cadere in meandri pericolosi, ma c’è anche il rischio di precipitare nella voragine della passione, che in questa disciplina è strutturata in modo benigno. Ha ritmi monotoni, richiede rigore, metodi e tempi ben precisi. È un metronomo che guida i ritmi biologici della tua esistenza. Il bodybuilding è una forma estrema di disciplina. È come un’arte marziale, perché è una forma di isolamento. Lo ripeto: ha salvato tante vite.

Il tuo periodo migliore?

Ho raggiunto la mia forma migliore a 29 anni. All’epoca pesavo 125 chili (per 1 metro e novanta, ndr). In panca alzavo 210 kg, in squat 270. Nella mia vita ho subito infortuni gravi: 4 anni fa sono finito in neurochirugia perché una delle mie gambe era rimasta paralizzata. Vista la situazione delle vie vertebre, sono stato operato subito. Ho rischiato di non camminare più, ma in ospedale il primo pensiero è stato questo: “Tornerò ad fare almeno 200 chili di squat”. Nel bagno dell’ospedale facevo squat a corpo libero per fare delle prove. La riabilitazione l’ho fatta da solo: oggi faccio ancora 220 kg di squat, anche se la paura c’è sempre.

E oggi come ti senti?

Sinceramente non mi sono mai sentito meglio.

Related Posts

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

17 + = 25