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Lo scontro sulle pensioni in Francia dimostra che nessuno ha capito la realtà – Secolo Trentino

In queste ore si svolge in Francia l’ennesimo braccio di ferro sulla riforma delle pensioni.
Mai come oggi si assiste a quella che i marxisti definiscono come “crisi di non corrispondenza”, intendendo con ciò il ritardo storico della politica (e in questo caso anche delle masse) rispetto alla realtà, alla sostanza delle cose. Non è solo la destra terminale a vivere in una bolla fuori dal tempo e a non capire nulla di quanto accade, lo è la stragrande maggioranza della popolazione.

I Galli
La riforma delle pensioni in Francia è sul tavolo da un decennio. Essa non prevede di lasciare per anni senza pensione quelli che se ne erano andati a casa con le regole precedenti, così come abbiamo fatto noi con la Legge Fornero. Nell’alzare il tetto a 64 anni (comunque più basso di quasi tutti i paesi al mondo) la riforma francese previde la sua applicazione negli anni seguenti, cosa che non dovrebbe guastare i piani di coloro che sono sul punto di pensionarsi.
Ma mezza Francia è andata per l’ennesima volta in sciopero, mettendo in mostra le principali qualità di quel popolo, ovvero la testardaggine e la combattività, e i suoi principali difetti, cioè il considerare la cosa pubblica come interesse individuale e pretendere di avere più diritti che doveri di fronte alla nazione.

Il tempo e il Titanic
“Ladri di tempo”. Con questo slogan motivante va in atto la protesta. Il problema però è che nessuno ha rubato a loro, né a noi, il tempo: ce lo siamo rubati da soli.
Paghiamo la sbornia degli anni del boom. Abbiamo smesso di fare figli e abbiamo approfittato con disinvoltura dell’assistenzialismo. Intanto il mondo cambiava, l’Europa smetteva di essere centrale in contemporanea con il suo inverno demografico e intanto smettevamo di lavorare con il sudore della fronte. Ora ci troviamo in una situazione che nessuno vuol vedere. La morale è che, chiunque vinca il braccio di ferro, saranno ancora poche le classi che andranno in pensione, a 62 anni o a 64, molte non ci andranno proprio, visto come il lavoro precario e saltuario è diventata la regola.
Si dovrebbe rivedere tutto, da capo a piedi, rivoluzionandolo.
Per questo servirebbero sia un progetto radicale che poteri addirittura superiori a quelli del Presidente della Repubblica Francese.
Invece l’Eliseo segue un’agenda di riforme capitalistiche che non garantiscono di certo il futuro sociale e le opposizioni fanno del puro tatticismo in vista di vantaggi elettorali.
Intanto chi si batte contro i “ladri di tempo” sta vivendo forse l’ultima ricreazione, ma non se ne rende conto e non se la godrà.
L’orchestra del Titanic suona senza accorgersi che sta affondando. Ma, attenzione a non equivocare: il Titanic non è il capitalismo, che si porta benissimo, è la società.

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