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Quando il meccanico non ripara l’automobile, il diritto 4.0 –…

03.01.2023 – 10.26 – Scriviamo le cose per non dimenticarle. Magari ci prendiamo un appunto di fretta, scarabocchiando poche parole su un pezzo di carta. La sera, vuotando le tasche del cappotto, ritroviamo il foglietto accartocciato e, alla luce della lampada, cerchiamo di leggerlo. Ma la carta è rovinata, alcune parole sono state scritte con troppa fretta e risultano indecifrabili. Anche dopo che siamo risaliti a cosa avevamo scritto, le frasi sono scarne e facciamo difficoltà a ricordare il loro significato completo. Insomma, interpretare l’appunto e comprendere il senso del messaggio non è così semplice.
Come nella vita di tutti i giorni, anche nel mondo del diritto può essere davvero complicato interpretare il significato di cosa si è scritto. Per non dire di quanto possa essere complicato interpretare cosa non si è scritto, cioè, risalire alla volontà delle persone interpretando il loro comportamento. Ma se ciò è difficile nel mondo del diritto, non lo è in quello del Diritto 4.0! Vediamo assieme un caso accaduto realmente e troviamo la soluzione.

Al protagonista di questa vicenda si rompe la macchina e la porta presso un’auto-officina per le riparazioni necessarie. Il meccanico, però, non esegue la riparazione e la vettura rimane lì parcheggiata, incapace di circolare perché rotta, in attesa di un intervento che le permetta di tornare sulla strada. Il tempo passa, la riparazione non arriva e il proprietario finisce col doversi comprare una vettura nuova. Passano i giorni, passano i mesi e, infine, gli anni. Il meccanico intima al cliente di venirsi a riprendere l’automobile e chiede un canone per il deposito e la custodia del veicolo. Trascorsi ben tre anni, l’uomo ritira il rottame, mai riparato, ma si rifiuta di pagare alcunché. Così, l’officina gli fa causa per ottenere i soldi.
Adesso, prova a immaginare cosa succede quando porti l’automobile dal meccanico. Quale accordo concludete? Tu gli lasci il veicolo e lui deve ripararlo. Poi, lo ritirerai pagando la riparazione. In pratica, tu gli chiedi che lui si adoperi per rendere la tua vettura funzionante, cioè, avete concluso un contratto di “prestazione d’opera”: lui deve prestare la sua opera e tu lo pagherai per questo. Nel nostro caso, però, il meccanico chiede il pagamento di un canone per il lungo deposito del veicolo presso la sua officina. Si tratta di un contratto differente, per l’esattezza di un “contratto di deposito” che può ben prevedere il pagamento di un canone. Però, non si è mai parlato o scritto di un deposito, né di un canone. Anche se, a ben vedere, un deposito c’è stato: l’autoveicolo è rimasto per tre anni parcheggiato nell’officina… dunque, come interpretiamo quanto accaduto?

Il meccanico sostiene che quando gli lasci la macchina, l’accordo col cliente prevede sia la riparazione del veicolo, sia il deposito del mezzo presso l’officina. Dunque, un compenso per il deposito triennale deve comunque essere pagato. I giudici della Corte di Cassazione, cui viene chiesto di confermare questa tesi, pur dando atto che un deposito ci sia stato, si interrogano soprattutto su quale fosse l’interesse delle parti. Perché il guidatore ha lasciato l’auto dal meccanico? Di sicuro non per parcheggiarla, ma affinché venisse riparata. Se l’auto non fosse stata rotta, l’uomo non l’avrebbe mai lasciata lì. Pertanto, possiamo concludere che il cliente aveva interesse solo alla riparazione, non al parcheggio né al deposito, che ci sono stati, ma che sono del tutto accessori alla riparazione. Il contratto era di “prestazione d’opera” e, affinché il meccanico potesse prestare la sua opera e riparare il veicolo, era necessario lasciargli l’automobile in deposito. In pratica, il deposito non ha alcuna autonomia, è un’attività accessoria, il cui prezzo possiamo ritenere ricompreso in quello principale della riparazione. La prestazione d’opera è del tutto prevalente e il deposito è meramente strumentale, con la conclusione che, per il deposito, un eventuale compenso deve essere espressamente pattuito.
Questa è la volontà delle parti, così ricostruita interpretando i fatti accaduti. E così ragiona anche la Corte di Cassazione che, nel terzo grado di giudizio, respinge definitivamente l’ingiusta pretesa del meccanico. (Cassazione Civile n. 17918/2020)

g.c.a.

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