25.12.2022 – 19.38 – Il ‘ciclone bomba’, la spirale di freddo che morde gli Stati Uniti, non si ferma ancora: le cose vanno meglio, però per vederlo passare ci vorrà ancora un po’. Le temperature rigidissime hanno messo la rete di distribuzione elettrica statunitense in forte sofferenza lasciando centinaia di migliaia di case senza energia (250mila secondo le stime), bloccando, proprio nei giorni delle festività di Natale, le attività della logistica e del commercio, e portando la sanità in uno stato di rischio, letteralmente mettendo in moltissimi casi la vita delle persone nelle mani dei tecnici e dei volontari che lottano al gelo per ripristinare le linee di distribuzione di energia elettrica e gas. Il freddo e il vento si sono scatenati su molte zone del paese, in particolare per ultima sull’area di Buffalo, costringendo alla chiusura delle autostrade e dell’aeroporto e quasi isolando la Grande Mela: una trentina i morti a causa della tempesta di gelo in tutto il paese e quasi 5000 i voli cancellati finora, inclusi quelli internazionali.
Effetti del cambiamento climatico, quelli del ‘ciclone bomba’? Non c’è una correlazione diretta e immediata, e di ‘bombe di gelo’ ce n’era stata già un’altra non troppi anni fa, quella del 2018. In questo dicembre le temperature in città come Orlando, New York e Miami sono state le più basse dal 1983, ma il freddo eccezionale, negli Stati Uniti, non è un evento insolito, per quanto da più di centocinquantanni non ci fossero i -50 di alcune zone negli USA di questa settimana, che possono causare congelamento agli arti in meno di cinque minuti, e il vento fino a oltre i cento chilometri l’ora (la Bora soffia di più? Dipende dalle raffiche, e cento costanti sono molto più pericolosi del nostro vento). Ciò che colpisce però del ‘ciclone bomba’ è ancora una volta, come già accaduto negli scorsi anni anche in Italia e in Europa, la rapidità d’evoluzione dell’evento e l’arrivare alle condizioni estreme in pochissimo tempo: da estati molto calde seguite da un autunno molto mite, si arriva di colpo e spesso senza preavviso al gelo e alla furia degli elementi, ed è questo, più del variare delle temperature massime e minime, a preoccupare gli esperti del clima, soprattutto per il forte effetto che questi sbalzi hanno sugli ecosistemi che coinvolgono (piante, animali e da ultimo l’uomo). E questo sì: questa continua distruzione degli equilibri portata dal cambio della temperatura globale terrestre è una questione di cambiamenti portati all’ambiente dall’uomo. Negli Stati Uniti, fino a pochi giorni fa c’era un caldo insolito; sperimentare giornate e settimane di temperature primaverili persino a gennaio è qualcosa che, di recente, capita abbastanza spesso anche in Italia, ed è l’elemento che inquieta e che mette a dura prova soprattutto la natura, anche quella che più si è adattata, nei millenni, al freddo.
L’uomo, dal freddo, viene colpito direttamente ormai molto di rado (con la triste eccezione dei senzatetto, dei migranti e, purtroppo, dei paesi in guerra): l’effetto principale di una tempesta di gelo è proprio quello di danneggiare gli impianti, di far restare al buio le città a causa delle centraline di distribuzione elettrica congelate (più elettronica c’è di mezzo, poi, peggio è: 13 gli stati americani coinvolti nei blackout intermittenti che l’operatore PJM Interconnection non è del tutto riuscito ad evitare, ovvero potenzialmente 65 milioni di persone fra Delaware, Illinois, Indiana, Kentucky, Maryland, Michigan, New Jersey, North Carolina, Ohio, Pennsylvania, Tennessee, Virginia e West Virgina, Columbia – e 340mila per davvero al buio nella notte di sabato). Oppure con il freddo dentro casa se il gas non arriva più, e trasporti bloccati (e quindi, se c’è il ‘just in time’ senza magazzino come filosofia, l’acquisto di beni, anche di prima necessità). Di fronte al ‘ciclone bomba’ americano, il governo ha raccomandato di prepararsi mettendo da parte più provviste e coperte, cose che avrebbero potuto, e così è stato stando alle testimonianze in molti casi, fare la differenza fra la vita e la morte. Per l’elettricità, un generatore autonomo in più, laddove è possibile installarlo, e una buona scorta di benzina; in Europa è più difficile, nelle città c’è meno spazio e il generatore da terrazzo, per quanto non impossibile come soluzione, non è così facilmente praticabile. Non c’è poi solo il freddo, ma c’è anche la crisi energetica a mordere, con casi di intossicazione domestica da monossido di carbonio purtroppo in aumento, inclusi gli incidenti mortali fra gli anziani che vivono da soli. Ed è facile pensare che siano state le difficoltà economiche, a volte, a indurre a riaccendere il vecchio camino o la stufa a legna per bruciarci magari qualcosa di messo da parte in cantina. Negli Stati Uniti, questa è una crisi che è stata definita di proporzioni molto grandi, che ha fatto fallire il sistema paese; ora sta passando, e la settimana prossima porterà di nuovo temperature miti e ancora una volta sopra la norma – a New York già non fa più così freddo, attualmente ci sono solo 2 gradi sottozero. Se la crisi è passata, l’unica certezza che chi studia il clima ha è che si ripresenterà presto, da una parte o l’altra nel mondo; vale la pena di correre ai ripari, per quello che si può prima della prossima puntata (a rendere più grave l’emergenza statunitense è stato il fatto che non succedesse da un po’); torna prepotente, come se non bastasse la guerra in Europa, il tema dell’energia, compresa quella nucleare, e lo fa parlandoci di nuovo del clima.
[r.s.][foto: AP Kristopher Radder/The Brattleboro Reformer]