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PD Verona, idee per ristrutturare una casa che scricchiola

Ha ragione Michele Santoro: i due nomi che la TV ci presenta per la segreteria del PD nazionale, Elly Schlein e Stefano Bonaccini, finiscono per celebrare il personaggio a scapito di un dibattito che dovrebbe coinvolgere ampi settori della vita sociale e politica non solo del partito ma dell’intero  Paese. Insomma, in TV vediamo sempre la solita solfa.

Strana vicenda quello del PD: i numeri non gli mancano – a Verona ha vinto le elezioni in coalizione – ma il partito viene percepito come marginale, quando non addirittura irriso, il ché è un segnale politico che dovrebbe destare qualche preoccupazione sul prossimo futuro.

Fermarsi ai numeri infatti inganna e vanno considerati altri valori, più di sostanza. Tra questi la capacità di intercettare le nuove sfide, di confrontarle con la propria storia e il presente, la capacità di selezionare una classe dirigente consapevole e preparata. Come si ottiene tutto questo?

Proviamo, nei dodici punti che seguono, a rispondere a questa difficile domanda con riferimento alla città di Verona. Sono schemi non esaustivi, alcuni sicuramente già presi in considerazione, che indicano una possibile direzione senza la pretesa di insegnare alcunché.

1. BRAIN STORMING (Tempesta di cervelli)

La dirigenza del PD veronese apra un confronto sulla riorganizzazione del partito, coinvolga i cittadini e inviti quelle persone conosciute in città che, manifestando idee progressiste, hanno mostrato un atteggiamento critico. Lo scopo è ascoltare, discernere, per poi individuare possibili percorsi.

Gli incontri dovrebbero svolgersi in luoghi simbolici e accessibili a tutti: fabbriche, quartieri, sedi di associazioni, per dare dei riferimenti anche fisici ai contenuti. Durante questi incontri sarebbe bene prestare attenzione alla disposizione delle persone, evitando i soliti palchi, o ancora peggio elementi scenografici come è stato fatto in passato: meglio riunioni in circolo o semicircolo, in modo da favorire un confronto tra pari.

Inoltre, i primi approcci non dovrebbero avere una scaletta, che sarebbe percepita come calata dall’alto: tutti dovrebbero sentirsi a proprio agio nell’esprimere liberamente il proprio pensiero. Occorre anche scegliere giorni e orari adeguati, in modo che sia agevolata la partecipazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori.

2. I QUARTIERI

La presenza nei quartieri è indispensabile per ritrovare la sintonia con i cittadini. Soprattutto nei quartieri difficili (quelli per intenderci che votano massicciamente a destra).

La dirigenza del PD potrebbe organizzarei dei luoghi di ascolto in città e nelle periferie. La presenza dovrà essere almeno di 2 ore settimanali, pubblicizzando l’iniziativa con il volantinaggio, attraverso i media e rinunciando ad ogni simbologia di partito per assumere un ruolo più civico che politico. Allo stesso tempo il Centro di ascolto si mostri presente nei momenti di aggregazione delle persone mostrando, nelle occasioni di dibattito, di conoscere i problemi del quartiere e di saper elaborare delle possibili soluzioni.

3. LA FORMAZIONE

Lo scopo è quello di fornire delle minime basi culturali a chi vuole fare politica.
 La dirigenza del PD, in accordo con un ente specializzato (Università, Istituto veronese per la storia della Resistenza, ecc.) organizzi una scuola di Politica dell’età moderna e contemporanea dove sia possibile conoscere la storia e i percorsi della Sinistra e dei Cattolici italiani. Gli incontri si possono svolgere nei quartieri, a sottolineare che la proposta è quella di una cultura non elitaria ma vicina alla gente, di una Università aperta al territorio. Anche in questo caso sono infatti da evitare le cattedre, mentre sono da preferire i luoghi popolari, curando anche in questo caso la disposizione delle sedute a circolo o semicircolo: da un punto di vista simbolico la comunicazione punta su semplicità, coinvolgimento e partecipazione. Vale anche qui la necessità di scegliere giorni e orari rispettosi degli impegni delle persone.

4. LA CULTURA

È da recuperare il concetto che la cultura plasma l’identità di una città e la proietta verso il futuro.

La dirigenza del PD sensibilizzi i centri culturali veronesi per mettere in campo iniziative alternative al mainstream cittadino. L’assessorato alla Cultura va coinvolto per incoraggiare la nascita di un circuito “altro”, anche trasversale, che completi l’attuale offerta culturale cittadina. Potrebbero trovare più spazio in questo ambito, ad esempio attraverso un festival, temi come la parità di genere, l’ambiente, l’accoglienza, il lavoro, ecc.

5. L’UNIVERSITÀ

Altra iniziativa che la dirigenza del PD potrebbe intraprendere è quella di chiedere la presenza di sedi staccate dell’Università nel centro cittadino, dove studenti e studentesse, professori e professoresse potrebbero spostarsi per le lezioni (i contenitori non mancano). L’Università, pur essendo proiettata in una realtà internazionale, per i veronesi rimane “qualcosa” al di là dell’Adige, nella “piccola Verona”. Ma i saperi che in essa si coltivano, i contatti istituzionali e la vivacità portata dagli studenti in una città anagraficamente vecchia, sono di estremo interesse. Una vera e propria contaminazione che servirebbe a sparigliare un po’ le carte.

6. LE CATEGORIE

Va intensificato il dialogo con i corpi intermedi: associazioni, categorie, enti…

La dirigenza del PD organizzi incontri durante i quali dimostrare che le politiche progressiste non sono penalizzanti per  imprenditori, commercianti, artigiani, ecc. ma puntano alla modernità attraverso la realizzazione di un sistema armonico.

Riguardo le realtà più vicine, come possono essere alcune associazioni culturali, ambientaliste, dei diritti, ecc. andrebbe fatto un costante lavoro di riconoscimento del loro impegno e del loro essere ponte tra i cittadini e chi governa. Proprio da qui, dall’impegno continuo e gratuito degli associati, nasce infatti la speranza di una classe politica competente e disposta a spendersi per un ideale.

7. IL LAVORO

Il primo intervento dovrebbe essere di lettura, attraverso i già citati Centri di ascolto sul territorio, per capire la gravità della situazione. Il secondo sta nell’individuare extra moenia quelle realtà aziendali che per tipologia di produzione e sostenibilità potrebbero trovare a Verona una sede opportuna, in linea con la sua storia e vocazione. Non ci sono solo Amazon e Zalando, si può puntare a qualcosa di diverso, sia per gli operai che per i dirigenti. A tal proposito va ricordato che abbiamo una prestigiosa Università con cui confrontarsi per frenare il fenomeno dei cervelli in fuga (vedi inchiesta di Verona In). Serve la concertazione, con i lavoratori, il sindacato, le Partite Iva: a questi tavoli bisogna essere presenti.

8. LE TESTIMONIANZE

Sarebbe utile conoscere alcuni percorsi virtuosi al di fuori del circuito cittadino, per avere riferimenti utili per le politiche cittadine.

Ci sono realtà avanti rispetto a Verona, in molti i settori. Pensiamo, ad esempio, al Nord Europa o a Bologna riguardo la mobilità, a Cremona, Ferrara, Siracusa e Torino per le politiche sulla disabilità. Ma anche più vicino a noi non mancano amministratori le cui idee virtuose si sono tradotte in buone pratiche riconosciute dai cittadini.

Organizzare incontri, in accordo con le associazioni locali coinvolte  in questi percorsi, aiuterebbe a capire come costruire un consenso di sostanza e non fittizio (ad esempio ricorrendo solo ai social).

9. VERIFICA E FESTA

Ogni percorso va perfezionato a seguito di una verifica. Sarebbe quindi necessaria un’Assemblea permanente, da convocare una volta l’anno, dove siano presenti i responsabili dei vari settori (quartieri, cultura, lavoro, ecc.) per relazionare e dare il polso della situazione. La dirigenza avrebbe così modo di immergersi nella realtà, registrarne i mutamenti, riordinare le idee e aggiustare il tiro. Oltre a ciò un appuntamento annuale con la città, una sintesi di cosa si sta facendo, seguito da una grande festa, recupererebbe il significato di cosa vuol dire essere un partito.

10. LA COMUNICAZIONE

Nel panorama descritto la comunicazione riveste un ruolo fondamentale, è il treno su cui viaggiano le idee e le emozioni della politica. Oggi i siti dei vari partiti sono troppo simili a tanti altri di natura commerciale, troppo istituzionali e spenti. E non può essere altrimenti se dal basso non provengono gli imput generati da interesse e coinvolgimento.

Andrebbe quindi aperto un blog su internet per informare sull’andamento dei lavori, ospitando voci critiche (punto 1) che possono dare fastidio ma aiutano anche a ragionare. Inoltre, raccogliere le varie sfide impegna nelle risposte e dà il messaggio di un partito tollerante aperto alla discussione.

Il sito non andrebbe riempito di bandierine, lo stesso nome della testata dovrebbe richiamare l’impegno civico che si trova all’interno della proposta politica. Si chiama ri-costruzione partendo dal basso e ci vuole un po’ di pazienza.

11. HUB

Sui grandi hub cittadini, come Aeroporto e Fiera, e sulle aziende partecipate del Comune non c’è molto da dire in questa sede. Si tratta di enti amministrativi oltre che politici, dove vengono prese decisioni importanti per lo sviluppo della città. Se i processi fin qui descritti funzionano, allora c’è da aspettarsi che a questi livelli arrivino persone che abbiano maturato una sensibilità sociale, culturale e organizzativa di un certo livello e che ci sia stata una necessaria selezione per valorizzare esperienza e competenze.

12. CONCLUSIONE

Le nuove e complesse sfide che si presentano nella società necessitano di una classe dirigente all’altezza, che finisce con l’identificarsi con una élite. La classe dirigente di un partito progressista come il PD ha il compito di coniugare questa dimensione elitaria con una visione popolare della realtà e i percorsi qui indicati vanno in questa direzione.

Giorgio Montolli

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