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“Sfrattata dalla casa popolare dopo aver perso il compagno e il lavoro”

Sp 10 marzo 2023 19:21

Perde il compagno e il lavoro e rimane da sola in una casa popolare troppo cara per le sue disponibilità economiche. Le sue richieste di riduzione del canone o cambio alloggio sarebbero però rimaste inascoltate, fino a quando è stato notificato lo sfratto per morosità. Fortunatamente un contributo comunale ha permesso di sanare parte dei debiti, ma la signora sta ancora pagando cara la sua permanenza nell’alloggio all’interno di un’edilizia residenziale popolare convenzionata Ater. La procedura di sfratto è ancora aperta e il debito si sta accumulando.

E’ la storia di Maria (nome di fantasia), che ha portato la sua testimonianza alla conferenza stampa / assemblea organizzata ieri da Usb sulla gestione dell’edilizia popolare da parte dell’Ater. La signora, è stato raccontato nell’incontro, aveva un contratto da badante perché assisteva il compagno affetto da disabilità e gravemente ammalato. Dopo la morte dell’uomo Maria, oltre al dolore per il grave lutto, deve affrontare anche la perdita del lavoro e del reddito, e subentra al compagno in una casa troppo grande e costosa per le sue possibilità. Non essendo i due sposati, non ha nemmeno diritto a una pensione di reversibilità.

“E’ una delle poche case senza barriere architettoniche per i disabili – spiega Maria – per questo ci è stata assegnata. Tra canone e spese condominiali devo pagare 600 euro al mese. Il mio compagno è morto quattro anni fa, poi è arrivata la pandemia e ho chiesto una riduzione dell’affitto, anche tramite avvocato, perché non potevo fare altro in quel momento. Purtroppo, per quegli alloggi, non esiste un canale diretto e una persona con cui si possa parlare, l’unica opzione è mandare delle mail”.

La signora, non ricevendo risposta, si è quindi rivolta agli sportelli di Usb. Così dichiara Francesca Martinelli di Usb Federazione del Sociale: “Abbiamo chiesto un cambio di alloggio più volte senza una risposta, poi ci è stato risposto consigliando di affidare la signora agli assistenti sociali e farle trovare un alloggio comunale provvisorio. Argomentazioni assurde e poco etiche”.

Trieste Prima ha chiesto all’Ater una replica, che sarà probabilmente diffusa nei prossimi giorni.

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