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Perché ci sono meno coppie con figli, più persone sole, una popolazione più anziana e meno matrimoni

Cagliari, 19 dic. Tasso di natalità, composizione dei nuclei familiari, matrimoni e divorzi, sono alcuni dei principali indicatori dei cambiamenti in atto da diversi decenni nelle famiglie italiane. Cambiamenti che hanno avuto un’accelerazione soprattutto negli ultimi dieci anni e che sono particolarmente evidenti in Sardegna.

Dall’analisi delle dinamiche demografiche Istat dell’ultimo decennio, si scopre infatti che la Regione detiene una serie di indicatori negativi, tra cui sempre meno coppie con figli, sempre più persone sole, aumento dell’età media della popolazione, diminuzione del numero di matrimoni.

Quali possono essere le ragioni dietro a queste trasformazioni radicali? Che impatto possono avere sullo scenario sociale ed economico dell’Isola? Cosa si sta facendo per limitarle? Proviamo a dare delle risposte.

La Sardegna nel 2021 ha registrato il tasso di natalità più basso tra le regioni italiane: 5,2 per mille abitanti, solo dieci anni fa era il 7,5 e ben al di sotto della media nazionale che si attesta al 6,8.

Non solo nascono pochi bimbi, ma i sardi sono sempre più anziani. Attualmente l’età media della popolazione è di 48,1 anni, seconda a livello nazionale con il Friuli-Venezia Giulia, solo dietro alla Liguria (49,4 anni).

Inoltre, a livello di composizione delle famiglie, i numeri sono tutt’altro che confortanti. Specie per quanto riguarda quelle numerose ovvero con più di 5 componenti, che nel 2021 rappresentano solo il 3,6%, il dato nazionale più basso dopo la Liguria che ha il 2,4%. Un crollo di quasi due punti percentuali rispetto a un decennio fa e ben al di sotto dell’attuale media nazionale che si attesta al 5,1%. Cresce anche il numero delle persone sole: 35,2 su 100 famiglie nel 2021 contro il 30,3 del 2012.

I dati provvisori del 2021 indicano che in Sardegna il tasso di nuzialità è 2,3, che, se confermato, sarebbe il più basso del Paese. Un decennio fa lo stesso indicatore era al 3,4. Se a ciò aggiungiamo il primato negativo per numero di matrimoni celebrati, con un calo del 28% dal 2010 al 2019 e la percentuale più elevata di divorzi giudiziari, il 42,7% del totale nel 2020, si può parlare di un “caso Sardegna”.

Sempre a livello di matrimoni, è interessante segnalare come nel 2020 il 78,9% di essi si è svolto con rito civile, la percentuale più elevata tra tutte le regioni del Sud e insulari, con un balzo di oltre 20 punti percentuali in un solo anno (2019-2020). Per contro, si assiste a un crollo del rito religioso, scelto nel 2020 solo dal 21,1% delle coppie sarde, quasi 8 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale.

Anche i dati relativi alle coppie evidenziano una situazione demografica del tutto particolare in Sardegna. Il primo indicatore che salta all’occhio è la media di figli per donna che secondo le stime Istat per il 2021 è inferiore a 1, a fronte di una media nazionale stimata sempre per lo stesso anno pari a 1,25, seppur all’interno di un calo generalizzato registrato negli ultimi anni.

Non per nulla, infatti, nel 2001 oltre la metà delle coppie sarde con prole ha un solo figlio, per la precisione il 53,9%, la seconda percentuale più elevata, alle spalle solo della Liguria con il 54,9%. La stessa percentuale 10 anni fa era del 45,1%.

Il 38% delle coppie sarde con prole ha due figli, percentuale più bassa tra le coppie con figli d’Italia, cinque punti percentuali in meno di un decennio fa. Soltanto l’8% ha tre o più figli, ancora una volta il seconda dato più negativo del Paese, sempre dietro alla Liguria (4,8%), oltre 2,5 punti percentuali in meno rispetto al dato di 10 anni fa.

Indicazioni che fanno riflettere giungono anche dall’analisi dei dati che riguardano le coppie sarde senza figli. In particolare, secondo l’Istat nel 2021, il 20,7% delle donne di coppie senza figli ha tra 35-54 anni, percentuale più elevata tra le regioni italiane e oltre 3 punti e mezzo oltre la media nazionale per questa fascia di età. Inoltre, quasi il 50% delle donne di coppie senza prole ha oltre 65 anni, con un incremento di circa 7 punti percentuali dal 2012.

Numeri di questo genere fanno riflettere riguardo temi come il processo di de-tradizionalizzazione della famiglia in atto in Sardegna, più ancora che in altre regioni del Mezzogiorno. Un processo in cui l’avere figli è una scelta sempre più autonoma e indipendente rispetto al sentire condiviso della comunità di appartenenza.

Diventare genitori rappresenta un progetto di vita che deve includere necessariamente anche un certo grado di soddisfazione personale, senza il quale evidentemente la coppia non compie questo grande passo.

La Regione Sardegna ha avviato un programma per dare un sostegno concreto alle diverse categorie di cittadini con particolare riferimento alle famiglie, intese nell’accezione più ampia e agli sviluppi demografici che ne stanno cambiando profondamente la composizione e le dinamiche.

Ciò anche a partire dal concetto di welfare generativo, un approccio che tiene conto delle risorse già disponibili per incrementare il rendimento degli interventi di politica sociale, sganciandosi di fatto dalle logiche dell’assistenzialismo.

L’obiettivo comune del programma è quello di mettere in campo in modo tempestivo azioni preventive per evitare gli effetti di grandi trasformazioni in atto relative, ad esempio, alla denatalità e all’invecchiamento della popolazione.

Per contrastare fenomeni quali la bassa natalità, le istituzioni stanno mettendo in atto una serie di misure. Tra queste ricordiamo il programma intrapreso dalla Regione Sardegna per contrastare lo spopolamento dei Comuni.

In questo senso si inseriscono interventi come l’assegno di natalità o bonus bebè, il contributo riconosciuto per ogni figlio nato, adottato o in affido preadottivo nel corso del 2022 e per gli anni successivi fino al compimento del quinto anno, in favore delle famiglie che risiedono o trasferiscono la propria residenza nei comuni sardi con meno di 3.000 abitanti.

La Regione Sardegna ha messo in campo anche programmi sperimentali per il sostegno alle famiglie come “Nidi gratis” che concorre all’abbattimento della retta per la frequenza in nidi pubblici o privati, una misura che va a integrarsi con quanto già previsto a livello nazionale dal “Bonus nido” INPS.

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