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Paolo Jannacci: Io e Papà siamo diventati grandi amici – TvZoom

Paolo Jannacci “Mio papà Enzo paradiso e inferno”

La Stampa, di Marinella Venegoni, pag. 30

(…)

Caro Paolo, mercoledì 29 saranno 10 anni che Enzo Jannacci se n’è andato.

«Celebreremo tutte le ricorrenze il 3 giugno, quando compirebbe 88 anni, all’Arcimboldi in un evento unico. Ho inventato iltitoloJannacciami, è un abbraccio di musica a Milano. Ci saranno tutti i suoi musicisti e un bel po’ di colleghi, come Elio, J-Ax, Ale e Franz, Massimo Boldi, Cochi e Renato, spero. Faremo le canzoni più celebri e anche pezzi poco conosciuti come Desolato (della quale c’è un delizioso video con tutta la crema del rap tradizionale italiano, ndr)».

Era contento Enzo del fatto che lei mentre andava a scuola studiasse anche musica?

«Ho cominciato a 4-5 anni a scoprire la musica e la mia voce, quando papà ha visto che avevo orecchio mi ha instradato, prima lui e poi i maestri. A scuola non avevo grandi voti, son cresciuto di botto durante l’esame di maturità, mi son svegliato e da li è stato più semplice lo studio degli strumenti. Non studiavo mai, mi avevano mandato a Como a imparare di più. Ho 50 anni, prima o poi prenderò il diploma al Conservatorio come mio papà».

Che ricordo ha di suo padre medico?

«Che abbia fatto solo il medico, non mi ricordo. Penso a quando visitava, ai pazienti che lo aspettavano, a com’era contento quando scopriva i mali della gente. Non si sbilanciava, non raccontava mai a casa, ma io ero fiero di lui. Due lauree ha preso, medicina e chirurgia. Ha fatto un master di 6 mesi, e ho trovato poi il diploma a casa, all’ospedale di Harlem a New York. Lì ha capito che erano bravi a trattare subito quelli che erano sotto choc, mentre da noi s’impegnavano prima a scrivere la scheda anagrafica Avreivoluto fare medicina anch’io ma mi sconsigliò, dicevache c’era troppaburocrazia e tutto era complicato».

Una personalità esuberante, eclettica, quella di Jannacci. Com’era nella vita privata?

«C’erano dei picchi che rispettavano il suo carattere. Bassi di tristezza o apprensione, oppure era galvanico. Paradiso o inferno, gli artisti sono così. Non ho mai faticato a seguirlo, lui alla band dava lo stimolo “per far la differenza”, diceva. Nel mio piccolo di quando provavamo, cercavo a mia volta qualcosa che stupisse anche noi. Poi nel periodo più adulto parlavamo molto dei nostri guai, e l’ironia era la risposta».

Paolo Conte dice ancora che Enzo è il più grande.

«Lui adesso è il mio faro, canto spesso Parigi. Doveva sentire il papà quando mi raccontava di Paolo: “Prova a riascoltare i versi di Aguaplano”, mi diceva, e rimetteva su la canzone del pianoforte che galleggia nell’oceano: “Ci va una bella forza per lanciare/ Un piano a coda lunga in alto mare”. Era affascinato, lo citava nelle canzoni. In Parlare con i limoni dice: “Che bella quella canzone/ Che parla della pioggia, della Francia e non fa confusione/ E in mezzo a tutta `sta ignoranza è facile dire/ È proprio necessario poi?».

Avete suonato tanto insieme?

«Tantissimo, ho imparato l’ipersensibilità, ero molto protettivo con lui, non volevo potesse soffrire di qualche critica, tutelandolo in tutti i modi ci sono riuscito. Faceva spettacoli di grande forza emotiva, c’era sempre al cento per cento e io gli guardavo le spalle. Sto cominciando la carriera solista, magari non ho mai fatto una hit ma la mia hit è stata accompagnare mio papà in situazionimolto importanti e d essere trattato alla pari. Da ragazzo, ho avuto con lui un rapporto conflittuale, suonavo ma non volevo cantare; poi siamo diventati grandi amici e abbiamo sopportato e supportato le debolezze l’uno dell’altro».

Un rimpianto?

«Mi sarebbe piaciuto in verità che mi avesse guardato quando sono andato in gara a Sanremo, e mi avesse poi preso in giro. Diceva sempre: “Se vede che non sei in grado, il pubblico ti mangia vivo”».
(Continua su La Stampa)

(Nella foto Enzo Jannacci)

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