Riceviamo sempre più segnalazioni da parte di colleghi Infermieri, OSS, Ostetriche ed esercenti il resto delle Professioni Sanitarie sullo straining. Ma cos’è, come lo si riconosce, come lo si cura e perché può diventare reato penale?
Sempre più colleghi Medici, Infermieri, Infermieri Pediatrici, Ostetriche/I, Operatori Socio Sanitari (OSS), Fisioterapisti e Professionisti Sanitari delle varie discipline non mediche ci scrivono per parlare di episodi di Mobbing e di Straining lavorativo. Da tempo stiamo accogliendo le loro storie di angherie e di resilienza, da oggi continueremo a farlo con molta più insistenza, anche per far capire ai datori di lavoro e agli stessi lavoratori che un clima organizzativo non ottimo si riversa direttamente sul Paziente, che può diventare vittima inconsapevole di un sistema che non funziona.
Ma cos’è lo straining e come ci si può difendere nel civile e nel penale?
Per spiegare meglio dal punto di vista giuridico lo straining ci affidiamo agli esperti del portale Studilegali.com.
Se ne sta parlando sempre di più: lo straining, che molte volte viene confuso con il mobbing, è un atteggiamento vessatorio che, in ambiente lavorativo, viene messo in pratica da un superiore e che ha lo scopo di umiliare un dipendente.
Ma andiamo poco a poco: in questo articolo vogliamo analizzare bene il significato, la differenza che c’è tra lo straining e il mobbing, dando alcuni esempi di straining e, infine, parlare di quando questa pratica può diventare reato.
Lo straining per lo Psicologo.
In genere, in psicologia, lo straining viene definito come una situazione di stress che la vittima può subire in ambiente lavorativo in maniera forzata. Il lavoratore, infatti, è vittima di un’azione ostile che può provocargli o provocarle una condizione di disagio permanente.
Normalmente la vittima viene ridotta in una condizione d’inferiorità rispetto a colui o colei che provoca straining ed è un comportamento che ha delle basi discriminatorie.
Lo straining a livello lavorativo.
La definizione di straining a livello lavorativo non è molto lontana da quella che vi abbiamo appena dato a livello psicologico.
Dentro un contesto lavorativo, infatti, lo straining è catalogato in dinamiche relazionali disfunzionali che si concretizza, nello specifico, nell’attuazione di atteggiamenti che ledono gravemente la dignità di un lavoratore e che ne minaccia la salute psicofisica.
Nel 2005, il Tribunale di Bergamo ha dichiarato che lo straining è costituito da una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante è caratterizzata anche da una durata costante.
Differenza tra straining e mobbing.
Spesso mobbing e straining vengono confusi: lo straining è un atteggiamento vessatorio che è messo in atto da un superiore in maniera volontaria e che ha lo scopo di umiliare il dipendente.
Il mobbing, invece, si può tradurre in situazioni e condotte ingiustificate e punitive nei confronti del lavoratore.
A differenza del mobbing, che appunto prevede una strategia comportamentale formata da atti persecutori ripetuti nel tempo, lo straining può essere composto da un solo atto lesivo, però più grave, che può provocare grandi danni psicofisici alla vittima.
Lo straining mette la vittima di fronte a conseguenze psico-fisiche pericolose.
Purtroppo molte volte lo straining è sottovalutato, sebbene abbia delle conseguenze peggiori del mobbing: come già detto in precedenza, lo straining si manifesta in un unico episodio e nella maggior parte dei casi trova la vittima completamente indifesa e che è impossibilitata nell’opporre resistenza.
Possono essere esempi di straining (sebbene faremo degli esempi più specifici nel prossimo paragrafo) il demansionamento, l’obbligo di un carico di lavoro insostenibile, la privazione degli strumenti da lavoro.
Appunto per questa ragione, queste azioni possono provocare una grande umiliazione del lavoratore e creare, quindi, danni irreparabili alla salute mentale dello stesso.
Facciamo degli esempi.
Questi sono alcuni esempi di cosa possa essere considerato come straining:
- Allontanamento del lavoratore dal posto di lavoro o dall’incarico con il fine di emarginarlo.
- Costringere il lavoratore a lavorare in un ambiente ostile.
- Non manifestare, a proposito, interesse per il lavoro del lavoratore e per il suo benessere lavorativo.
- Deridere un lavoratore nell’ambiente di lavoro e di fronte ai colleghi.
- Cacciarlo da un settore strategico dell’azienda e dargli delle mansioni più umili.
- Dequalificarlo professionalmente.
- Abusare del trasferimento del lavoratore, o anche delle trasferte e del distacco.
- Isolare un lavoratore da qualsiasi percorso formativo dell’azienda.
- Privare il lavoratore di incarichi o ruoli di responsabilità sebbene stia lavorando in un ruolo di responsabilità.
- Come prima, fargli perdere attività e responsabilità.
- Privarlo del contatto personale e professionale dei responsabili di riferimento.
Come difendersi dallo straining?
Il lavoratore può, in primo luogo, richiedere il risarcimento per i danni subiti.
Può richiedere questo risarcimento provando:
- che il comportamento del superiore ha violato l’art. 2087 c.c. o il testo unico in materia di sicurezza sul lavoro contenuto nel dlgs n. 81/2008.
Il danno subito. Dovrà inoltre produrre in giudizio una perizia medico legale di un medico specialista affinché che possa provare, scientificamente, questo danno.
- La causa per cui il superiore abbia avuto questa condotta nei suoi confronti.
Lo straining può diventare un reato ed essere perseguito anche penalmente.
Lo straining ha natura civilistica. Tale condotta, però, può diventare illecito penale. Questo può accadere nel momento in cui le lesioni contemplano violenza sessuale, violenza privata, abuso d’ufficio.
Più chiaro di così…
Se vi ritrovate in quello che abbiamo scritto segnalateci la vostra storia di straining scrivendo a [email protected].
Leggi anche:
Infermieri, Ostetriche, Oss e Professionisti Sanitari: mobbing, come combatterlo.
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