Per Sergio intendo il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, grazie per come ha affrontato lo spinoso ricordo sulle foibe. Spinoso per tutti i suoi predecessori al Colle, poiché mai nessuno aveva parlato forte e chiaro come Mattarella ieri, stupendo tutti, diciamo la verità. Quella verità tenuta nascosta da troppo tempo tesa a nascondere le abiure della storia. Una negazione formulata e dettata al fine di uno sciagurato disegno politico avente una matrice univoca: il comunismo italiano ed i suoi derivati, ANPI in testa.
Parafrasando la strofa di una vecchia canzone di Giorgio Gaber, l’ha detto Scalfaro ma (chissà se il compianto Gaber pensava fosse stato zitto, Scalfaro, sarebbe stata buona cosa per tutti nel suo settennato caduto nell’oblio dell’inutilità) stavolta l’ha detto Sergio Matterella uscendo dall’ingessatura della retorica: la colpa di questa tragedia e della cappa di silenzio seguita ad essa è da attribuire ai comunisti slavi ed italiani. Per buona pace di Togliatti e dei suoi seguaci, compreso il loro santino laico Enrico Berlinguer poiché non poteva non sapere, compreso il “fumetto con la pipa” Pertini, compreso un Marco Rizzo ancorato all’idea sovietica e che fin troppi sprovveduti vedono in lui come l’ultimo anello dei sansepolcrini. Una bestemmia, lasciatemi dire.
Con il suo discorso, Mattarella, pur mantenendo il suo aplomb inglese riconosciuto ha garbatamente ma incisivamente espresso la verità dei fatti, e con un op-là degno di un capace equilibrista è riuscito nel ricostruire la pagina strappata della storia italiana. Bravo, Sergio! Per la prima volta abbiamo avuto il piacere di ascoltare un Presidente di tutti diversamente da chi, col voluto e sciagurato silenzio nonché con i baci d’affetto ai criminali, furono capaci solo d’infiammare gli animi dividendo gli italiani.
Bravo Sergio, dunque, e chissà se questo sarà ricordato come il primo passo per chiudere la pagina del 900. Una pagina, comunque la si pensi, oramai anacronistica se vogliamo diventare padri e partecipi di questo nuovo millennio.
Marco Vannucci