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Green pass, Draghi confessa: limitava le libertà individuali – Matteo Milanesi

A tre mesi esatti dalla tornata elettorale, che ha visto trionfare Giorgia Meloni ed insediare un governo di centrodestra a distanza di 11 anni dall’ultima volta, l’ex premier Mario Draghi è tornato a parlare in pubblico. Questa volta con un’intervista sulle colonne del Corriere della Sera. Tanti i temi toccati durante la chiacchierata: dalla guerra in Ucraina ai risultati del suo esecutivo, fino a commentare il lavoro che sta svolgendo il nuovo governo.

Nonostante tutto, c’è un tema preponderante, rispetto a tutti gli altri: le ragioni delle sue dimissioni ed il ritorno alle urne, a quattro anni e mezzo dall’ultima volta. Secondo Draghi, infatti, sarebbe “rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito“. E anzi: “Se guardo alle sfide raccolte e vinte in soli venti mesi di governo, c’è da sorridere a chi ha detto che me ne volessi andare, spaventato dall’ipotetico abisso di una recessione che fino a oggi non ha trovato riscontro nei dati”, chiosa l’ex numero uno della Bce.

Eppure, le ragioni per cui Draghi abbia deciso di lasciare Palazzo Chigi, nonostante potesse ancora contare su una solidissima maggioranza (composta da tutti i partiti, tranne FdI e M5S), rimane ancora un mistero. O meglio, come afferma l’ex premier, “il centrodestra era disponibile ad andare avanti”, ma “il Pd non era disponibile a far parte di quello che sarebbe diventato nei fatti un governo di centrodestra“.

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Insomma, nonostante ci fossero i pieni numeri per proseguire e portare a termine la legislatura, lo stesso Draghi non sembra aver voluto accettare l’ipotesi di trainare un governo spostato verso destra, rispetto all’orientamento di tecno-sinistra improntato dall’ex premier, insieme ai due principali partiti dello scorso esecutivo: Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.

Ma Draghi ribadisce: “Sin dalle consultazioni che precedettero la formazione del governo, avevo chiarito che per me sarebbe stato impossibile guidare un governo di unità nazionale, senza il partito di maggioranza relativa in Parlamento, il M5S”. Un movimento che era sì il primo per numeri nelle aule parlamentari, ma che aveva letteralmente dimezzato i propri consensi, non avendo più quell’impronta che garantì il raggiungimento del 30 per cento nel 2018: l’euroscetticismo associato all’anti-sistema.

Un partito che, nei fatti, aveva messo in seria difficoltà l’operato di Draghi a partire dalla guerra in Ucraina, viste le continue opposizioni di Conte ai pacchetti militari, inviati dall’Italia in solido con gli Stati europei: “Il M5S era sempre più contrario al sostegno militare all’Ucraina, nonostante avesse inizialmente appoggiato questa posizione in Parlamento, insieme a tutte le altre forze politiche”. E non risparmia neanche il Carroccio: “Lega e M5S chiedevano inoltre a gran voce uno scostamento di bilancio, nonostante l’economia e l’occupazione andassero bene”.

Insomma, un tentativo di scaricabarile verso i partiti di maggioranza, ma che non tiene conto di un aspetto fondamentale: il tentativo di Draghi, lo scorso gennaio, di essere eletto Presidente della Repubblica. Una mossa che, quindi, contraddice la frase “sarei volentieri rimasto, se mi fosse stato consentito”. Già sette mesi prima delle dimissioni, infatti, l’ex Goldman Sachs aveva dato i primi segnali di insofferenza, cercando di trasferirsi da Palazzo Chigi al Quirinale. L’operazione – come ben sappiamo – è fallita, e non si può escludere che sia stata uno dei presupposti che abbia convinto Draghi a non continuare.

Ma è anche sul Green Pass che l’ex premier rivela quello che oggi rimane ancora un tabù: la natura illiberale del lasciapassare verde. “Di decisioni difficili ne abbiamo prese molte: penso alla scelta di attuare tra i primi in Europa il green pass e l’obbligo vaccinale. Sapevo che erano limitazioni delle libertà individuali, ma erano necessarie per garantire a tutti il diritto alla salute, soprattutto ai più fragili”, ha affermato Draghi.

Un’altra affermazione che si scontra con quanto detto nel luglio 2021, quando l’ex premier sentenziò come il Green Pass fosse la “garanzia di trovarsi in un luogo tra persone non contagiose“. Ipotesi smentita dai dati e dalla possibilità, anche per un vaccinato, di trasmettere il Covid-19.

Per approfondire:

E conclude sulla Meloni: “Non spetta a me giudicare il governo, soprattutto non dopo così poco tempo. Meloni ha dimostrato di essere una leader abile e ha avuto un forte mandato elettorale. Occorre stare attenti a che non si crei di nuovo un clima internazionale negativo nei confronti dell’Italia”.

Matteo Milanesi, 24 dicembre 2022

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