Recentemente il dibattito sui problemi di Verona si è improvvisamente concentrato sulla Domus Mercatorum, la medievale Casa dei mercanti che con la sua struttura merlata caratterizza, in buona parte, la centrale Piazza delle Erbe.
La particolare attenzione deriva dalla scelta della Camera di Commercio di mettere all’asta il primo piano dell’edificio di sua proprietà, partendo da una base d’asta di sette milioni per utilizzarla in usi privati (negozi, uffici e probabilmente appartamenti).
Va tenuto presente che la Domus Mercatorum, nata come costruzione in legno nel 1213 e rifatta in muratura nel 1302 da Alberto I della Scala, come sede di riunione dei mercanti del tempo, è stata fin dall’inizio un rilevante punto di riferimento degli avvenimenti economici e culturali della città. Nei secoli successivi, durante e dopo il dominio della Serenissima mantenne tale funzione acquisendo ulteriore rilevanza, tanto che in questa sede si eleggeva il podestà della città.
Il suo specifico rilievo continuò fino all’Unità d’Italia e nella seconda metà del ‘900 divenne sede della locale Camera di Commercio, e tale rimase fino al trasferimento di quest’ultima nell’attuale sede.
Per la Verona di oggi, ancorché recentemente poco utilizzata, la Domus Mercatorum rimane uno dei simboli della città medievale e, come tale, credo si debba fare tutto il possibile per mantenerla viva, nella sua identità storica, e sede di una coerente funzione pubblica.
Il primo interrogativo che sorge in tale direzione è dato dalla unilaterale decisione della Camera di Commercio di passare immediatamente alla sua messa all’asta, senza alcun significativo rapporto preventivo con l’amministrazione Comunale, che in questa vicenda appare scavalcata, e ridotta ad una semplice presa d’atto.
Non basta essere giuridicamente proprietari di un bene e, nonostante la sua rilevanza storico-economica, decidere unilateralmente la vendita al miglior offerente. Si tratta di una scorrettezza istituzionale alla quale, a mio avviso, il Comune dovrebbe rispondere con i propri strumenti, aprendo un dibattito in Consiglio Comunale e nella città sulla sua destinazione valutando tutte le opportunità di utilizzo, che consentano contemporaneamente, una destinazione pubblica il più possibile coerente con la sua storia, e la salvaguardia della sua identità storico-culturale, senza il degrado di spezzatini orientati solamente al business.
La sostenibilità economica della possibile soluzione può essere trovata attraverso una idea aderente ai tanti problemi di qualificazione e valorizzazione del nostro patrimonio storico-artistico, anche tramite un adeguato finanziamento pubblico.
Avendo manifestato un concreto interesse per la ricerca di una adeguata soluzione del problema da parte della stessa maggioranza del governo nazionale, tramite l’on. Vittorio Sgarbi, credo sarebbe possibile un finanziamento tramite il PNRR, che dovrebbe rimanere lo strumento per finanziare progetti strutturali orientati al futuro del territorio, e non, come avviene anche in tanti nostri Comuni, che sotto il titolo di “Rigenerazione urbana” realizzano progetti più o meno di manutenzione, che non cambiano la realtà del territorio.
Ancora una volta il problema essenziale rimane quello della elaborazione dell’idea e del progetto adeguati, quindi della qualità della classe dirigente. Spero perciò che l’Amministrazione Tommasi apra questo dibattito in Consiglio e avvii un negoziato con il governo nazionale per arrivare a una destinazione pubblica tramite un progetto e relativo finanziamento.
È proprio dal modo diverso di affrontare problemi strutturali come questo che la nuova Amministrazione può rendere evidente la sua diversità rispetto alla gestione opaca del recente passato.
Verona sta attraversando una difficile fase di transizione. nella quale, senza una politica innovativa incentrata sul futuro, la porta talvolta ad arretrare, come dimostra la recente classifica della qualità della vita delle città italiane.
Un motivo in più per superare la tendenza a vendere parti rilevanti del nostro patrimonio con le soluzioni più facili, spesso in forma di spezzatino offerto ai privati, aumentando la dipendenza della città dalle scelte orientate dal business e diminuendo la qualità dello sviluppo.
Non vorrei che il maggior investimento nel quale il Comune risulti direttamente impegnato sia la costruzione del nuovo stadio, nel momento in cui per l’Hellas si profila la possibile retrocessione in serie B.
Luigi Viviani