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Diritti, la denuncia di una delle due mamme che hanno sconfitto il decreto Salvini: “Nostra figlia ancora senza documenti”

Sonia è una delle due mamme che hanno battuto il Viminale al Tribunale di Roma. Per i giudici deve essere riconosciuta come “genitore” della figlia sulla carta d’identità, superando la dicitura madre/padre resuscitata dal decreto Salvini del 2019. La sentenza è di un mese e mezzo fa. 

Avete ottenuto il documento per vostra figlia?

“Magari. No”. 

La sentenza parla chiaro.

“Ma l’Anagrafe del Comune di Roma non può iscriverci se il Viminale prima non cambia i moduli e il software per la Cie (carta d’identità elettronica, ndr). Cosa che il ministero dell’Interno non ha mai fatto, nemmeno dopo il pronunciamento del magistrato”. 

È un paradosso. C’è la decisione di un Tribunale, ma niente carta d’identità?

“Esatto. È sconfortante. Ci sono voluti anni per riuscire a ottenere questo verdetto. E anche con quello in mano nostra figlia è ancora senza documenti. Ci sembra di essere tornate alla casella di partenza”. 

La ministra Roccella dice che la sentenza che vi riguarda non vale per tutte le coppie omogenitoriali. Ma è individuale. Quindi chi vuole, può fare ricorso. A voi quanto è costata la causa?

“Migliaia di euro. Non ricordo esattamente la cifra, anche perché ci hanno aiutato anche i nostri genitori. Ma si tratta di percorsi lunghi e dispendiosi. Prima del ricorso per la carta d’identità, abbiamo affrontato il duro iter della fecondazione assistita, in Grecia. Poi è partito il percorso per l’adozione della bambina da parte della mia compagna. Ora affronteremo anche questa. Ma è avvilente vedere che perfino quando un giudice ti da ragione non cambia nulla”. 

Salvini, dopo l’articolo di Repubblica, ha scritto su Facebook: “Mamma e papà, le parole più belle e dolci del mondo, non si toccano”.

“Ma questo nessuno lo mette in dubbio, padre e madre sono parole bellissime. Io stessa sono cresciuta con due genitori che mi hanno amata moltissimo, ma queste due parole non si adattano alla nostra famiglia. Per questo già a novembre ho scritto una lettera al ministro. In base a quale principio avremmo potuto stabilire chi tra me e la mia compagna dovesse chiamarsi “padre”? Le famiglie sono tante e diverse, una non esclude l’altra. Conta solo l’amore”.

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